L'ENIGMA DI JEAN ROUCH A TORINO - Parlano gli autori
In tutti questi anni abbiamo spesso pensato a Jean Rouch e ci siamo chiesti quanto abbia inciso su ognuno di noi. Anche se in forme diverse, il “seme” Rouch ha germogliato. Facciamo anche noi parte della schiera dei suoi “figli”, di coloro che lo ricordano e lo tramandano. E come tali vogliamo rendere omaggio al nostro antenato, come lui faceva con i propri quando prima di bere versava a terra il suo vino brindando “aux ancêtres”.
Ma chi era Rouch? Come poteva un signore francese di oltre settant’anni che vestiva sempre allo stesso modo, che non portava né orologio né occhiali (sebbene fosse straordinariamente miope) ma ti riconosceva senza esitazioni e sapeva sempre dire dove si trovava senza bisogno di navigatore o Gps – come poteva affascinare un gruppo di cineasti italiani fino al punto di trascinarli per un mese in un’esplorazione non dell’Africa o del Niger, ma del proprio conosciuto territorio alla riscoperta di tracce che solo lui riusciva a leggere?
Enigma non è film riuscito. Probabilmente è uno dei meno riusciti di Rouch. Si è spesso sostenuto che Enigma sarebbe - e già Rouch stesso ebbe a dichiararlo tale - un film raté, un film mancato. Certo è che il film, dopo una sortita iniziale “di perlustrazione”, privo di una distribuzione anche minima, si inabissò sul fondale profondo del mare dei lavori cinematografici sommersi (anche rouchiani). Riemerge oggi, sottomarino incagliato sulla via per Luxor, con il fascino di un reperto archeologico, di un'opera postuma, e con la forza di un messaggio nella bottiglia pieno di riflessioni, "enigmatiche", certo, per i film maker futuri.
A noi è toccata l’eccezionale fortuna di avere la documentazione visiva di quello che fu invece la vera straordinaria riuscita: la vita attorno al film. Oggi lo spirito di Rouch, lo stesso che dal 1984 al 1986, riuscì ad animare, in armonia e senza polemiche o tensioni, un folto gruppo di individui e istituzioni, è come ci avesse fatto sapere che era giunto il momento di raccontarlo e di testimoniarlo, e noi, Marco, Daniele e Paolo, assieme e un po’ “alla maniera di Rouch”, abbiamo deciso di unire le nostre forze e di farlo a dispetto di rifiuti e inspiegabili sordità.
Dalla enorme quantità di materiale girato in quell'occasione oltre al film in concorso oggi a Venezia, L'enigma di Jean Rouch a Torino, Cronaca di un film raté, altri film sono in corso di preparazione, primo fra tutti Á nous la caméra! *, una lezione-fiume di cinema on the field che non ha pari nella filmografia rouchiana, in cui un Jean Rouch funambolico uomo-macchina insegna a un attento pubblico di giovani cineasti sulla grande terrazza di Villa Gualino, nel verde della collina torinese, i segreti della sua camera a mano e di quella cinégymnastique famosa in Francia che costituiscono il bagaglio essenziale del cine-etnografo perfetto [* titolo provvisorio].
Marco di Castri, Paolo Favaro e Daniele Pianciola
03/09/2017, 09:29