VENEZIA 74 - Charlotte Rampling è "Hannah"
Sembra illogico dover andare al cinema dovendosi informare prima sulla trama del film, ma è così; è un consiglio che diamo volentieri allo spettatore, perché nei 95 minuti di proiezione non c’è alcuna informazione sui motivi per cui "
Hannah",
Charlotte Rampling, stia lentamente (molto lentamente) lasciando scivolare la sua vita verso il buoi.
Il motivo di tutto sta nelle malefatte del vecchio marito che dopo l’ultima notte di quiete casalinga, entra in carcere, accompagnato fino al cancello da Hannah, per scontare la sua pena. Cosa ha commesso lo sanno solo quelli dentro il film: la moglie, una misteriosa madre che bussa alla porta minacciosamente, il figlio che impedisce alla nonna di vedere il nipote, la segretaria della piscina comunale che le ritira l’abbonamento, il cane di casa che forse ha visto ma non parla…
La prova d’attrice c’è, ma si perde in lunghi viaggi in Metro B, in interminabili faccende domestiche (private o di lavoro) con cui Hannah non sembra aver particolare dimestichezza, in momenti di vita quotidiana, insomma, di una anziana donna francese.
Andrea Pallaoro sceglie di raccontare con inquadrature lunghe, lente, primi piani di trenta secondi che ne bastano dieci, movimenti di macchina ad accompagnare il cammino della protagonista (tutto) da casa al cassonetto, dove va a buttar via qualcosa di compromettente che ha riacceso il ricordo delle malefatte del marito. È il senso di colpa certo, gli anni di silenzio rispetto al terribile segreto celato nelle mura domestiche fino alla vergona e all’espiazione; quel segreto che rimarrà tale fino alla fine del film. Almeno per lo spettatore che non informato preventivamente.
08/09/2017, 12:13
Stefano Amadio