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MIGRARTI - "Ambaradan" e la seconda generazione


Il corto di Paolo Negro e Amin Nour presentato a Venezia, vincitore di MigrArti 2017. Una camminata tra i giovani, il razzismo e la ricerca d'identità


MIGRARTI -
Germano Gentile in "Ambaradan", Premio MigrArti 2017
MIGRARTI
In un momento storico italiano in cui lo Ius soli è al centro dell'attenzione, diventando anche argomento di “chiacchiere da bar”, alla Mostra del Cinema di Venezia è stato affrontato proprio il tema dell'immigrazione, grazie alla sezione MigrArti.
Fra i 23 corti viene presentato "Ambaradan", diretto da Paolo Negro e Amin Nour e prodotto da Tauron Entertainment Srl, in collaborazione con Rain Dogs Film.

"Ambaradan" racconta la paradossale storia di un ventenne nero, Luca, della periferia romana: un ragazzo estremamente nazionalista che, con i suoi amici fascisti, non risparmia occasione per essere violento e prendersela con gli stranieri, nonostante le sue origini.

IL COLORE DELLA PELLE
Luca, interpretato dal giovane Germano Gentile, è stato adottato da una famiglia italiana e, crescendo, è diventato un concentrato di rabbia e apparente xenofobia, in cerca di un'identità.
Nella storia lo vediamo vagare alla ricerca di un'integrazione che difficilmente arriva, cosa che accade per molti nella sua condizione, e che lo ha portato ad attaccarsi a una realtà di odio e razzismo che non dovrebbe appartenere a nessuno, meno che mai a chi, come lui, l'ha vissuta sulla propria pelle. Una pelle nera, diversa dagli altri bambini italiani, che causa divari e dolori che non dovrebbe.
Una pelle che il piccolo Luca, nei flashback, tenta invano di scolorire sotto l'acqua, ancora inconsapevole che il problema non è lui, ma l'ignoranza.

REALTÀ
Sebbene le tematiche attuali e d'impatto, i toni del cortometraggio sono leggeri e a tratti divertenti. Si vuole raccontare un argomento delicato e importante senza il bisogno di appesantirlo ulteriormente, rendendolo fruibile e godibile a più livelli. Si ribaltano i classici stereotipi e si gioca con la realtà, mostrando però una confusione reale che genera crisi d'identità in molti giovani di seconda generazione.
Pochi minuti per un'opera che fa riflettere, senza lasciare il magone, ricordando che per denunciare non bisogna necessariamente usare toni drammatici.

Da menzionare il cameo di Paolo Paoloni.



Elisa Pulcini

13/09/2017, 10:05