FESTA DEL CINEMA DI ROMA 12 - "Una Questione Privata"
Un cinema antico, questo di
Paolo e Vittorio Taviani, pensato , costruito a tavolino, teorico e purtroppo privo di partecipazione e sentimento. Un cinema fatto di ingranaggi fragili, a partire dalla scrittura aggettivata che tende sempre a dar giudizi, passando per la scelta degli interpreti e finendo alla messa in scena. Ogni momento del film è costruito secondo i canoni di un cinema polveroso, che ormai farebbe fatica anche in televisione a passare in prima serata.
Statico, con le camicie stirate e i muri imbiancati o fintamente infangato, con le battute scritte sul marmo e mal recitate, ispirate sì al capolavoro di
Beppe Fenoglio ma assemblate senza fluidità e ostacolate da una specie di sabbia che inceppa gli ingranaggi narrativi del film.
Una questione privata non prende, non ci si appassiona alla storia d’amore dei ragazzi e non si entra nel pathos della guerra partigiana con le scene d’azione e le sparatorie girate in maniera ingiustificabilmente dilettantesca.
Va bene, il film è centrato sullo stato d’animo del protagonista, Milton, interpretato da
Luca Marinelli, che innamorato segretamente di Fulvia (
Valentina Bellè), scopre che forse lei ha una storia col suo amico Giorgio (
Lorenzo Richelmy), ora partigiano e finito nelle mani dei fascisti. Ma la particolarità della storia di Fenoglio sta proprio nel saper mettere di fronte argomenti grandi, come la guerra, e storia personale, anche banale ma che porta a una riflessione.
Agli occhi di Marinelli, alle pause e agli sguardi, è affidato il compito di farci arrivare lo sconvolgimento interno che sta vivendo, lo scontro morale tra la voglia di salvare l’amico dalla fucilazione e lasciarlo lì, in mano ai “porci neri”, così da avere via libera con la bella Fulvia senza doversi scontrare con Giorgio.
Il film dei fratelli Taviani è immerso nella nebbia, visivamente e concettualmente, con l’aspetto umano, l’amore e i ricordi che non si alternano in scioltezza come nel romanzo, ma si confondono e perdono la strada dell’empatia.
Paolo e Vittorio Taviani dimostrano ancora una volta di avere cultura, memoria, erudizione ma il cinema è cambiato e anche raccontare la guerra, il fascismo la resistenza partigiana è un’operazione che, al cinema, va fatta in modo diverso, aggiornando gli aspetti produttivi, ma soprattutto di messa in scena e di casting.
28/10/2017, 00:10
Stefano Amadio