MALATESTA SHORT FILM FESTIVAL II - I vincitori
Premio Migliore Fiction
"Cubeman" di Linda Dombrovszky
Cubeman riesce a raccontare, con i toni giocosi e zuccherosi della fiaba, la storia di un uomo che ha un solo compito da ultimare nella vita, ma rischia di veder crollare tutto per pochi piccoli pezzi.
Il film esalta i piccoli sforzi quotidiani di un uomo perfettamente ordinario, e lo fa attraverso una forma in cui tutto è accuratamente controllato: dalle inquadrature, sempre equilibrate, all’uso dei vivaci contrasti cromatici che brillano in tutte le scena. Tutti i pezzi sono perfettamente al loro posto, in linea con l’assurdità della dimensione rappresentata, che viene sconvolta dall’emozione del finale: tenero da spaccare il cuore.
Premio Migliore Animazione
"My grandfather was a cherry tree" di Tatiana Olga Poliektova
Per la sua capacità di affrontare una storia che, con occhi ostinati e ingenui, ci parla della perdita e della lotta per mantenere vivo il ricordo del mondo come siamo abituati a viverlo.
Il ciliegio diventa il simbolo di questa lotta. Immancabilmente al centro di tutti i momenti di gioia o di difficoltà, l’albero è il depositario di tutte le storie in un racconto che si estende, come in una saga familiare, per diverse generazioni.
L’incedere del racconto è leggero e incerto, quasi a volerci restituire la sensazione di un mondo interiore in fragile equilibrio, come quello tra il nonno e il nipote, tremolante uno e palpitante di vita l’altro; o come quello di una natura, nostra assoluta protagonista, in difesa ma viva e – ci si augura – eterna.
Premio Migliore Cortometraggio Sperimentale
"Cloud くも Kumo" di Yvonne Ng
Affrontare il futuro, facendo i conti con il passato. Il tutto narrato con la soave leggerezza ed eleganza che è propria dei giapponesi, forse innata.
Cloud Kumo colpisce per la sensazione di necessità di elaborare una storia indicibile che pervade tutto il film. Le vicende della signora Sakoto, reduce diretta di uno degli eventi più bui dell’umanità, si intrecciano con quella di sua nipote, in altro modo testimone dello stesso passato, rivelando i tentativi di dar sfogo al loro bisogno di trovare una forma con cui esorcizzare quella storia, ormai parte di loro come una matassa dolorosa.
Il racconto oltrepassa i confini del cinema, assumendo le forme del teatro, della poesia e della pittura, con l’esigenza condivisa di lasciare, in qualche modo, traccia.
Premio Migliore Documentario
"Ninnoc" di Niki Padidar
La sensibilità e l’empatia con cui questo documentario sonda i disagi psicologici di Ninnoc, preda delle sue paure e delle convenzioni che si formano attorno a lei, ritraggono con delicata sapienza l’impalpabilità della materia documentata. Lo sguardo attento della regista non si distoglie mai dalla giovane ragazza e attende pazientemente che Ninnoc sveli uno degli aspetti più intimi della sua mente.
Ninnoc nella sua scuola vuota riesce a dominare tutti gli spazi con grande sicurezza: corre nei corridoi, esibisce con sfrontatezza mirabili gesta atletiche, danza con grazia. Entra, però, in crisi quando deve raccontarsi e includere gli altri nei suoi spazi. Le ariose immagini del documentario si alternano e si scontrano con il racconto verbale, intimo e timoroso che la ragazza fa di sé. In modo quasi astratto, inafferrabile, il corto vive su questo contrasto, riuscendo a sintetizzare con grande poesia la storia di una ragazza che “non vuole adattarsi al gruppo, ma che teme anche di esserne esclusa.
15/03/2018, 13:43
Simone Pinchiorri