GLI INDESIDERATI D'EUROPA - In fuga dal nazismo
1939-1940. Gli spagnoli fuggono dalla dittatura di Franco. I francesi fuggono dal collaborazionismo nazista.
Walter Benjamin, filosofo ebreo, è uno di questi. Sia dalla Spagna sia dalla Francia c’è solo un modo per fuggire: attraversare i Pirenei seguendo un sentiero ripido e lungo, ma fortunatamente poco controllato dalle forze militari.
Fabrizio Ferraro compie delle scelte stilistiche forti per affrontare la storia di Walter Benjamin e degli esodati: con il formato 1.85, il bianco e nero e 111’ di lunghezza, Ferraro vuole ripercorrere il sentiero che molte persone hanno affrontato come unica speranza di salvezza più di settant’anni fa. Il risultato è un film che rimane impresso, che si respira fisicamente. La materia della messa in scena, della fotografia e i dialoghi dilazionati portano lo spettatore dentro una storia che altrimenti sarebbe difficile da interiorizzare, proprio perché lontana dal presente. La libertà della scrittura pone il regista tra le fila degli autori, grazie alla forza e allo stile con cui ha voluto raccontare questo pezzo della storia. Un’opera retrò, "
Gli Indesiderati d’Europa" chiede pazienza, si prende tempo, chiede di rimanere lì a vedere quello che di poco succede.
Inquadrature lunghe e insistite, a volte boriose, ma magistralmente pensate.
Walter Benjamin, con problemi cardiaci, si mette in viaggio con una borsa contenente i suoi scritti, alcuni mai finiti, per tentare di salvarsi dal nazismo. Parte con una giovane donna e suo figlio, ma rimane indietro, affaticato finché si perde. Il suo tentativo è quello di varcare il confine spagnolo, raggiungere una località di mare iberica e da lì imbarcarsi verso gli Stati Uniti dove già si erano rifugiati i suoi amici dell'Istituto per la ricerca sociale, tra cui
Theodor W. Adorno.
Giunto nella località catalana di Port Bou il 25 settembre 1940, si vede però ritirare il visto di transito. Benjamin sente che la sua cattura da parte della polizia di frontiera spagnola è probabile. Con la cattura, diverrebbe automatica l'espulsione dalla Spagna verso il territorio francese, ormai saldamente nelle mani dell'esercito nazista.
Preso dal panico, la notte stessa lo scrittore si suicida con una overdose di morfina. Aveva con sé una valigia nera che custodiva gelosamente, in cui erano contenuti probabilmente dei manoscritti o delle pagine incompiute. Il giorno dopo ai suoi compagni di viaggio sarebbe stato permesso di proseguire per la loro destinazione.
Altri suoi amici — tra cui
Henny Gurland, futura moglie di
Erich Fromm — provvidero alla sua tumulazione nel cimitero di Port Bou, pagando l'affitto del loculo per soli cinque anni. Dopo tale periodo il suo corpo fu calato in una fossa comune, il che rese impossibile la sua identificazione; la sua valigia nera fu ritrovata alcuni decenni dopo presso il tribunale di Figueres, ma non conteneva il manoscritto cui Benjamin pare tenesse moltissimo.
A Portbou esiste un memoriale che ricorda la figura di Walter Benjamin. Ironia della sorte volle che il visto che stava attendendo per imbarcarsi per gli Stati Uniti arrivasse il pomeriggio successivo al suo suicidio.
Walter Benjamin, secondo il suo pensiero filosofico, è stato un chiaro esempio di vittima del suo tempo.
Anna Pennella18/04/2018, 16:39