FAR EAST FILM FESTIVAL 20 - I vincitori
Prove tecniche di pacificazione. Prove tecniche di Storia, quella con la esse maiuscola. Kim Jong-un e Moon Jae-in che si stringono la mano. La realtà che, per una volta, si dimostra più audace e più creativa del cinema. Solo 10 giorni fa, quando il Far East Film Festival di Udine ha iniziato il suo ventesimo viaggio, prevedere una situazione del genere sarebbe stato impossibile. O, quantomeno, parecchio bizzarro. C’erano sicuramente andati vicini gli autori di Steel Rain, il magnifico spy thriller d’apertura dedicato al disgelo tra le due Coree, ma il plot era comunque finito in archivio sotto la voce “fantapolitica”. E invece.
E invece, ora che il Far East Film Festival 20 ha appena tagliato la linea d’arrivo, la Storia, quella che «entra dentro le stanze e le brucia», si è occupata di chiudere il cerchio. Un cerchio che, sempre restando a Udine, aspettava di chiudersi da ben prima di Steel Rain: ricordate la gloriosa edizione 2013, quando il FEFF ospitò – incredibilmente! – la delegazione nordcoreana di Comrade Kim Goes Flying? Ricordate la straordinaria serata in cui la protagonista e la produttrice, indossando gli abiti tradizionali di Pyongyang, salirono sul palco e si presentarono ufficialmente al mondo occidentale?
Occidente e Oriente, dunque. Assieme. Per un festival che, fin dal “numero zero” del 1998, non ha mai smesso di indagarne le somiglianze e le differenze (facendole incontrare). Un festival che, quest’anno, ha portato al Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” e al Visionario 60 mila spettatori, 150 guest star dall’Asia (tra cui la regina assoluta del cinema del “lontano Est”: l’inafferrabile super diva Brigitte Lin Ching Hsia) e 150 professionisti dell’industria cinematografica orientale ed europea (i sale agent, i buyer, i key-player del workshop Ties That Bind e del project market Focus Asia).
1555, invece, gli accreditati (giornalisti, docenti, studenti, ambasciatori di altri festival), provenienti da Slovenia, Croazia, Spagna, Inghilterra, Romania, Singapore, Cina, Hong Kong, Giappone, Corea, Francia, Svizzera, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Stati Uniti, Germania, Austria, Belgio, Canada, Finlandia, Svezia, Norvegia, Thailandia e, ovviamente, dall’Italia.
Decisamente forte anche l’impatto del Far East sulla città, complici 9 giorni consecutivi di bel tempo (record assoluto nella lunga storia del festival): il fittissimo programma dei FEFF Events, oltre 100 appuntamenti tra cui l’ormai tradizionale Cosplay Contest e la peccaminosa Pink Night, ha fatto registrare oltre 20 mila presenze.
Il pubblico del Far East Film Festival 20 ha incoronato la Corea dell’impegno, portando in trionfo 1987: WHEN THE DAY COMES di Jang Joon-hwan (Gelso d’Oro e Gelso Nero, il premio degli accreditati Black Dragon). Al secondo posto si sono classificati gli irresistibili zombie giapponesi di ONE CUT OF THE DEAD di Ueda Shinichiro e, al terzo, ancora la Corea con THE BATTLESHIP ISLAND di Ryoo Seung-wan. I web-giurati di MYmovies hanno scelto THE EMPTY HANDS del mito hongkonghese Chapman To.
Sudcoreano, infine, anche LAST CHILD di Shin Dong-seok, Gelso Bianco per la migliore opera prima. A valutare i cineasti del futuro, un’apposita giuria internazionale formata dal produttore hongkonghese Albert Lee, dal produttore americano Peter Loehr e dallo sceneggiatore italiano Massimo Gaudioso (firma storica del cinema di Matteo Garrone). È la primissima volta che viene assegnato il Gelso Bianco ed è una piccola rivoluzione che porta chiaramente in sé qualcosa di più grande: tutte le radici che il FEFF ha piantato, curato e visto crescere dal 1999, guardando sempre avanti perché – come ha detto il presidente Sabrina Baracetti dal palco – «Oggi non è abbastanza!».
29/04/2018, 16:17