Note di regia di "Up&Down - Un Film Normale"
Federico Parlanti, uno degli attori del film, lo ha definito “un film normale”.
“Film normale” è un ossimoro meraviglioso. Geniale. Lo stesso Federico, dopo poco, sostiene candidamente di essere “normale”.
Allora con Francesco Pacini, che firma con me la regia, mi sono chiesto chi mai potrebbe contraddirlo, e soprattutto perché dovrebbe.
Si dice che la normalità non esista. Nel realizzare questo film mi sono accorto che la normalità semplicemente non accade.
La vita non ci chiede di essere normali, la vita è un inno alla diversità: siamo tutti diversamente normali e ugualmente diversi.
Ho riflettuto sul significato di queste parole, e mi sono reso conto che rischiamo di appiattire il concetto di normalità, che può essere invece declinato in mille forme, esattamente come il concetto di diversità.
D’altra parte se c’è qualcosa che accomuna tutti è proprio l’essere diversi: un tratto somatico del viso, un talento, un difetto caratteriale, un’espressione dello sguardo.
Un cromosoma in più o una sindrome in meno, bastano a farci sentire “più normali” o “più diversi”?
Ho iniziato a girare questo film con l’intenzione di raccontare nella maniera più autentica possibile la meraviglia che ho scoperto lavorando con questi attori.
Quando ho finito di girare mi sono accorto che avevo invece appena iniziato ad imparare.
Si è trattato di una vera avventura in cui proprio niente era normale. Soprattutto non lo ero io.
Perché io mi sentivo normale a prendere in mano il cellulare appena ero solo, e mi sentivo normale quando non vedevo l’ora di postare la foto di un piatto su Instagram prima di mangiarlo, e invece mi sono sentito strano a girare la scena in cui corro spensierato su un prato in una giornata di sole, strano a essere libero. Strano a essere felice.
E ora che toccato quella felicità, non ho paura di essere triste, anzi.
Credo che io, come la mia vita, sono fatto di alti e bassi, di Up e Down.
A volte sono Up, a volte sono Down. Quest’anno compio 40 anni.
E far amicizia con questo concetto, è come un regalo che scarto tutti giorni.
Adesso credo sia più normale brillare di felicità pura per un piatto di pasta al burro mangiata con gli amici, come sa fare Andrea, o emozionarsi perdutamente per una canzone di Walt Disney, come succede a David, o saper ridere di niente, come il mio amico Simone.
Per me non è stato soltanto un film, e so che non lo sarà nemmeno per lo spettatore. Esattamente come lo spettacolo che portiamo in teatro non si stratta di una rappresentazione a cui assistere ma di un’esperienza a cui partecipare, e in cui perdersi.
Ognuno di questi ragazzi è lo specchio attraverso cui chi guarda, o meglio, chi sa guardare, può vedere sé stesso e la propria vita, la propria irreplicabile imperfezione, la propria magia e la propria capacità di essere unico e bellissimo.
Erika ripete spesso: “Non sapete cosa vi perdete ad essere normali”, e ora so quanto abbia ragione. Giacomo invece sostiene non essere più “Down”, ma di essere guarito.
Questo film in qualche modo ha guarito anche me.
Il cinema è il posto in cui i sogni esistono davvero, e questo film è reale quanto un sogno.
“Un film normale” ha preso forma in me, esattamente come un sogno ricorrente.
Eppur conoscendo a memoria ogni singolo fotogramma, ancora non riesco a guardarlo senza commuovermi.
Ma forse questo è normale…
Paolo Ruffini