VENEZIA 75 - "La profezia dell'Armadillo" non convince
Erano i primi giorni del 2014 quando, attraverso il proprio blog, Zerocalcare comunicò che dalla sua opera prima, divenuta nel giro di tre anni un best-seller ristampato cinque volte, sarebbe stato tratto un adattamento cinematografico per la regia di Valerio Mastandrea.
In quattro anni sono cambiate molte cose e "
La profezia dell'armadillo" ha visto finalmente la luce per la regia di
Emanuele Scaringi, con Simone Liberati nei panni del fumettista romano, al secolo Michele Rech.
Attraverso i suoi libri e le tavole pubblicate su riviste, Zerocalcare ha raccontato e continua a raccontare con grande ironia e intelligenza l'attuale generazione dei trentenni, ma ha soprattutto aperto le porte di casa propria, mostrando la sua sfera più intima e privata, fatta di plumcake e serie tv, "accolli" lavorativi e pigrizia.
Non si può prescindere da questo guardando il film di Scaringi, perchè esisteranno inevitabilmente due tipologie di spettatori: i lettori, quelli che quel bilocale lo conoscono ormai come le proprie tasche; e gli appassionati di commedia, che magari conoscono il fenomeno letterario ma non hanno mai "messo piede" fra quelle mura.
I primi troveranno una lunga serie di personaggi ormai familiari, in primis l'Armadillo, Secco e la problematica madre, ma calati all'interno di una serie di sequenze che citano le taglienti battutte zerocalcariane, ma che non ne restituiscono mai il calore, restando impalpabili, posticce. I secondi saranno scaraventati davanti ad una serie di situazioni e personaggi che appaiono senza essere mai realmente connotati, vedi proprio l'Armadillo che, al di là della discutibile trovata di essere messo in scena con un costume di gommapiuma, interagisce col protagonista senza che la sua presenza "immaginaria" sia davvero giustificata.
Ma prima di essere un volume ricco di battute taglienti, "La profezia dell'armadillo" colpì molto per la profondità e la dolcezza con cui l'allora fumettista esordiente seppe raccontare la morte di una ragazza speciale, la classica "occasione persa" che ognuno di noi una volta ha vissuto. Il film tenta di restituirlo, ma non esplorando mai a fondo quel rapporto si finisce per non provare alcuna emozione nel vedere sul grande schermo ciò che in una semplice pagina a fumetti riusciva a farti singhiozzare.
E' insomma un'operazione sbagliata, non tanto da un punto di vista della regia, che tenta anzi di "salvare il salvabile", ma del senso stesso del film, che sembra arrivare ormai in ritardo e svuotato di ogni buona intenzione iniziale. Peccato.
03/09/2018, 21:34
Antonio Capellupo