PINO - Walter Fasano racconta Pino Pascali
Nell’anno in cui si ricordano i 50 anni della scomparsa dell’artista pugliese
Pino Pascali, ma anche l’acquisizione da parte del Museo di Polignano a Mare della sua opera “Cinque bachi da setola”, tra le tantissime iniziative inserite nel progetto
#Pascali2018 non poteva mancare la produzione e la realizzazione di un docufilm dal titolo “
Pino” (titolo provvisorio).
A realizzare l’opera cinematografica, attraverso un raffinato progetto sviluppato in collaborazione con Apulia Film Commission, è il montatore, compositore, regista e sceneggiatore barese
Walter Fasano, che vanta collaborazioni, tra gli altri, con Dario Argento, Ferzan Özpetek e Luca Guadagnino, con il quale ha lavorato da ultimo al film Premio Oscar “Chiamami con il tuo nome”.
Grazie a una serie di fortuite occasioni, il documentario si è tramutato in un vero e proprio film d’arte che racconterà tutto il percorso dell’opera, nel suo ideale “ritorno a casa”. Ma è anche l’occasione per costruire un racconto filmico sull’arte di Pascali, intrecciando un filo nascosto in cui passato e presente si connettono in un continuum libero e irrisolto, una “confusione” audiovisiva pronta a evocare sensi lontani e sommersi.
La vicenda narrata del film inizia con tre periti (due di parte, uno super partes), che si riuniscono a Roma per verificare le condizioni dei Cinque bachi di Pascali, opera del 1968 imballata nei magazzini alla periferia della città. Aperte le casse, inventariato il contenuto, verificate le condizioni, l’opera parte per la Puglia. All’arrivo al Museo Pascali, le casse vengono nuovamente aperte in presenza dei periti e l’opera viene allestita negli spazi polignanesi affacciati sul mare.
Il viaggio dell’opera, diventa l’occasione per una riflessione sull’opera di Pascali, sul senso di un ritorno ai luoghi delle origini in una dimensione in cui il tempo si piega, la distanza si annulla. Il gioco narrativo confonde materiali d’archivio (fotografie, cortometraggi d’arte, performances) e il racconto degli avvenimenti del presente.
Da qui l’intenzione di documentare l’intera operazione tramite immagini fotografiche in bianco e nero, come nel celebre “La Jetée” di Chris Marker in cui immagini fisse, voce fuori campo e suono raccontano una storia fantastica proiettandola in una dimensione senza spazio e senza tempo. Le immagini create nel presente, i suoni registrati in presa diretta vengono tecnicamente invecchiati e riproposti come reperti emersi alla luce, seppure collocati temporalmente nel presente. Il paesaggio sonoro (composto di voci, suoni e musica) aggiunge al flusso di immagini un’ulteriore dimensione narrativa ed evocativa.
Il fotografo Pino Musi documenta le operazioni a Roma e Polignano. L’indagine, quindi, si allarga a documentare i luoghi e gli oggetti che ci rimangono di Pascali. E gli archivi di tutto il mondo si aprono alla ricerca di ogni oggetto fisico e ogni materiale fotografico, sonoro, in video che a lui rimandi.
Un narratore assieme ad alcuni testimoni di oggi e di ieri, tesse le diverse linee narrative raccontando il presente e il passato. Assieme a poesie di Pascali vengono letti brani letterari (“Il Pensiero Selvaggio” di Claude Lévi-Strauss), scritti d’estetica (“Opera Aperta” di Umberto Eco, “Nuovi riti, nuovi miti” di Gillo Dorfles) e dichiarazioni di artisti e amici a lui cari e centrali nella sua formazione. Alberto Arbasino ricorda Pascali leggendo il testo che scrisse alla sua morte. Claudia Cardinale rievoca un progetto filmico mai realizzato su di lui e ancora lo stesso Sargentini. Vengono, inoltre, letti brani del contratto di cessione dei Bachi, a sigillo dell’ufficialità rituale dell’operazione. L’inglese del narratore, il francese, l’italiano si mescolano in un’operazione sonora cosmopolita, poliglotta e universale.
L’immagine fotografica rappresenta il cuore narrativo di questo film. Che si tratti di “scatti” realizzati appositamente o di immagini d’archivio, il racconto nasce dall’incontro-scontro di immagini fotografiche e del loro rapporto di montaggio con il sonoro, con l’improvvisa irruzione di materiali di repertorio, in pellicola e video. Si è scelto lo sguardo profondo e sorprendente di Pino Musi, salernitano di nascita e parigino di adozione, pronto con le sue immagini ad aprire ai nostri occhi dimensioni inaspettate. Il suo sguardo d’artista svela dettagli e si confronta dialetticamente con il mondo di Pascali. Il suono e la musica immergono le immagini in un universo fatto di ritmo e libere associazioni, con libertà e vitalità, come forse Pino avrebbe amato.
29/10/2018, 15:31