MENOCCHIO - La chiesa, il potere e la paura della fine
Belle facce, belle atmosfere, bella fotografia. "
Menocchio" di
Alberto Fasulo è un film interessante e da vedere, ma poteva essere un grande film.
L’idea di partenza c’è tutta perché il personaggio principale, il
Mugnaio Eretico Menocchio (interpretato da
Marcello Martini) è la fotografia di una chiesa che alla fine del cinquecento si sente accerchiata: da una parte le chiese riformiste del nord Europa, dall’altra la cultura italiana che prova a far uscire il paese e i suoi abitanti dai secoli bui governati dal potere religioso.
I veri derelitti del film di Fasulo sono i prelati: frati, preti e vescovi che sferrano le ultime zampate di un potere temporale che vedono sfuggire di mano. Basta saper leggere e scrivere e un povero mugnaio che ragiona col suo cervello e vede la fede sotto una luce diversa da quella della dottrina di Roma, e subito scatta la vendetta. Reclusione in una cella buia, ricatto morale, condanna prima durissima poi definitiva a ribadire la grettezza dei religiosi di fronte alle visioni personali, e dunque blasfeme, di un credente.
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Menocchio" paga un po’ la visione stretta di Fasulo, della storia e delle inquadrature che si concentrano sui primi piani dei personaggi lasciando poco spazio alle vicende e ai panorami friulani e trentini. La scelta di attori non professionisti è indovinata sicuramente per il protagonista, intenso ed espressivo, meno per gli altri, costretti a sostenere dei dialoghi senza il supporto di una preparazione. Possibile che in Italia non esistano attori capaci di essere naturali e credibili, disponibili per registi come
Alberto Fasulo sempre alla ricerca di azioni e reazioni vere, in grado di far crescere la storia oltre la sceneggiatura?
Forse ha ragione
Fasulo, non ci sono. Ma ci chiediamo come sarebbe stato "
Menocchio" fatto con degli interpreti professionisti capaci di dare qualcosa in più e metterci del loro per trasformarlo da bel film a grande film.
07/11/2018, 10:00
Stefano Amadio