BERLINALE 69 - "Il Corpo della Sposa"
Lo sguardo internazionale di
Michela Occhipinti colpisce ancora. Dopo il postino indiano arriva un racconto dalla Mauritania, un dettaglio delle abitudini ancora radicate in una società che cerca di tirare fuori la testa dalle sabbie della religione e della tradizione.
Verida (Verida Beitta Ahmed Deiche) è una ragazza di diciotto anni che deve sposarsi, è moderna e lavora nel centro estetico della nonna ma, in vista del matrimonio, deve sottostare al tradizionale “gavage”, l’ingrasso forzato per raggiungere l’ideale di bellezza rotonda che sta circa 20 chili più su del suo peso attuale. Sin dall’inizio non sembra particolarmente felice di sottostare a una dieta che la costringe a mangiare 10 volte al giorno (cous cous, carne e latte) solo per compiacere famiglia e futuro marito, ma per rispetto e quieto vivere dall’alba fino a sera continua a ingerire cibo nelle pause della vita di tutti i giorni.
Michela Occhipinti entra nella quotidianità della famiglia mauritana, inquadrandola dal basso, l’altezza delle sedute, dei letti e delle ciotole ricolme che Verida deve consumare ogni mattina, entrando nella vita dei personaggi con precisione, senza invadere lo spazio della realtà con la finzione.
Sarebbe inutile fare il solito sforzo di tentare di collegare la storia di Varida a qualche realtà di casa nostra. Ne "
Il Corpo della Sposa" non c’è, fortunatamente, niente di italiano; è una bella storia che arriva dal mondo senza assomigliare a niente altro. Una storia forte e umana che funziona anche senza dover essere contestualizzata nella realtà dello spettatore.
12/02/2019, 20:00
Stefano Amadio