Duemilanovecentododici Metri
Girare un documentario in montagna non è un'impresa facile, ce ne siamo accorti sin da subito quando, già dal primo giorno, tutti i nostri piani di lavorazione, la tempistica delle riprese e la presunta semplicità della spedizione, si sono rivelati assolutamente errati.
Anzitutto ci siamo dovuti scontrare con la fatica; Portare nei nostri zaini tutta l'attrezzatura, oltre che cibo, acqua, tenda e sacco a pelo e per giunta, senza nessun aiuto di portatori, ci ha fatto rallentare notevolmente il piano di marcia, senza contare la fatica fisica di quando poi si doveva iniziare a girare.
Fare uno o più chilometri di dislivello, su sentieri impervi e scivolosi, tutti i giorni e diverse volte al giorno metteva a dura prova la nostra resistenza e caparbietà. Eravamo in tre lassù, io, il fonico e l'operatore e tutto gravava sulle nostre spalle. Questo è stato uno dei problemi più difficile da risolvere, perché ci obbligava a fare economia di mezzi tecnici da usare. Quindi, quello che ci chiedevamo ogni giorno, prima di iniziare a girare era sempre: “Di cosa non possiamo fare a meno oggi? Radiomicrofoni o Boom? O audio in camera?” Oppure: “Quanti obiettivi? Il cavalletto è necessario o se ne può fare a meno?”.
Un'altro limite è stato quello dell'elettricità. Questo film, si può dire che è stato sempre girato in presa diretta, ovvero, buona la prima. Non si poteva mai ripetere nulla, sia per mantenere viva la veridicità delle situazioni vissute da padre e figlio, sia perché bivaccavamo anche per diversi giorni in tenda e non avendo elettricità a disposizione dovevamo fare economia di batterie.
Un grande problema è stato anche quello di arrivare sulle cime di Corno Grande e Corno Piccolo. Chi ha la predisposizione all'arrampicata e non ha seri problemi di vertigini potrà benissimo, con l'aiuto di una guida alpina esperta, riuscire a salire in cima alla vetta; Ma, tutt'altra cosa, è quella di fare delle riprese. Non a caso, questo è stato il primo film girato sulle vette del Gran Sasso.
Anche con l'aiuto di una o di due guide alpine, noi, trovavamo davvero difficoltà nel seguire padre e figlio nella loro avventura. Dovevamo calcolare ogni cosa, dovevamo trovare sempre il modo di aggirare continui ostacoli come l'altitudine, l'esposizione, le vertigini, o la stessa roccia che creava interferenze con i radiomicrofoni. Inoltre, dovevamo trovare un impianto di ripresa coerente che non intralciasse in nessun modo con il viaggio di Francesco e Matteo.
Spesso si è optato per l'uso della gopro, grande aiuto quando non si ha letteralmente la possibilità di seguire il tuo protagonista; Spesso, con l'aiuto della guida alpina, io e il mio operatore ci dividevamo; Lui restava sotto e io, dopo essermi arrampicato il più velocemente possibile, mi posizionavo in alto per le riprese.
Ultimo, ma non ultimo problema è stato quello dei bivacchi. A volte, come già scritto, capitava di dover bivaccare per più giorni a 2800 metri. Questo comportava essenzialmente due problemi; Il primo era il freddo notturno, il secondo il mangiare. Per combattere il freddo abbiamo utilizzato l'espediente del dormire in molti in uno spazio ristretto; Si dormiva male e poco, ma almeno si stava al caldo. Per il cibo invece abbiamo avuto non pochi problemi poiché dovevamo sempre razionare tutto e spesso ci trovavamo a combattere la fame oltre che la stanchezza.
Luca Antonetti