Note di regia di "Cinecittà - I Mestieri del Cinema
/ Bernardo Bertolucci: No End Travelling"
La prima volta che ho incontrato Bernardo Bertolucci, mi ha chiesto: “Quand’è che hai scoperto di non essere immortale?”. A lui era successo sul set di Novecento, quando, a causa di un malessere provvisorio, aveva perso per qualche giorno la vista. Allora aveva 35 anni e, dopo film come Il conformista e Ultimo tango a Parigi, era già considerato un maestro del cinema in Europa come in America. Aveva diretto il suo primo film a 21 anni e aveva lavorato per la prima volta su un set come assistente di Pasolini per Accattone. All’epoca era già una sorta di divinità del cinema d’autore: un critico inglese scrisse del Conformista che era girato con lo stesso virtuosismo di Quarto potere e due anni dopo, con Ultimo tango a Parigi, realizzava il più grande incasso del cinema italiano e allo stesso tempo un film che esplorava con tale profondità l’intreccio di desiderio, amore e morte da provocare la censura e subire il rogo del negativo, il destino di chi nella storia ha lottato per idee ribelli e rivoluzionarie (anche se Ultimo tango è forse l’unico film al mondo ad aver affrontato tale sorte). Per questo, si può capire perché a 35 anni, dopo aver sconvolto il cinema e anche un po’ il mondo, Bernardo Bertolucci era sorpreso di scoprire la propria vulnerabilità. L’ultima volta che ho avuto con lui una lunga conversazione – che questo film racconta – Bertolucci era da parecchio tempo su una sedia a rotelle e conosceva molto bene la fragilità del corpo - che aveva raccontato attraverso empatici, dolci e toccanti film come Il tè nel deserto, Piccolo Buddha, Io ballo da sola. Questo film racconta dei molti incontri che abbiamo fatto (a volte, su un palco, insieme a grandi personalità come Patti Smith, Wim Wenders, Gerard Depardieu, Marco Bellocchio), delle lunghe chiacchierate su film e registi, sul suo cinema e su quello, sterminato, che amavamo. Questo film, in realtà nato come episodio di una serie dedicata ai mestieri del cinema, è un omaggio ad un autore che non credo abbia eguali – quanti sono stati un mito delle nouvelle vague e allo stesso tempo hanno conquistato Hollywood con un canestro di Oscar? – ed anche un modo personale per conservare la memoria di quei momenti e impedire loro di dissolversi.
Mario Sesti