Note di regia di "Aquile Randagie"
Raccontare la storia delle Aquile Randagie in un film è un’idea stimolante, una sfida creativa, ma soprattutto un atto dovuto.
L’associazione concettuale dello scautismo alla Resistenza è un pensiero sicuramente innovativo che lascia quantomeno incuriosite tutte le persone che ne vengono a conoscenza.
Perché di questo si parla: le Aquile Randagie erano un gruppo di scout di Milano e Monza che decisero di ribellarsi alla decisione del fascismo di chiudere tutte le associazioni giovanili che fossero differenti dall’Opera Nazionale Balilla, inclusa quindi l’ASCI, l’Associazione Scout Cattolici Italiani. Avevano fatto una Promessa, di servire la Patria e di aiutare il prossimo, e quindi con l’uniforme sotto gli abiti borghesi, e sempre alla ricerca di qualche luogo dove indisturbati poter proseguire le loro attività all’aria aperta questi giovani, fedeli (alla promessa) e ribelli (al regime), sfidarono il fascismo per anni, portando avanti gli ideali di solidarietà e speranza propri dell’Associazione Scout. Con l’inizio della guerra poi e dopo l’8 settembre, il coinvolgimento con la Resistenza è stato via via maggiore, fino alla fondazione dell’OSCAR.
La particolarità di tutto questo è che i protagonisti di queste avventure sono dei ragazzi, tra i 14 e i 20 anni, che hanno dimostrato coraggio, adesione, spirito di sacrificio e lealtà al Paese.
Valori che, soprattutto oggi, devono essere memoria storica e viva.
I motivi per raccontare un film sulle Aquile Randagie sono quindi molteplici: raccontare una parte di storia d’Italia che in ben pochi conoscono, rendere omaggio a una storia di coraggio realizzata da giovani, essere d’ispirazione per i giovani di oggi.
Si tratta di un film diretto ai giovani, che vuole parlare loro con le parole dei giovani di un’altra epoca, quando un altro mondo sembrava impossibile, ed invece il cambiamento si realizza proprio grazie a loro: forse eroi, certo giovani fedeli e ribelli.
Gianni Aureli