Note di regia de "Il nostro tempo"
“Il nostro tempo” nasce dal desiderio di raccontare il cambiamento della percezione della vita e dei rappor ti davanti all’ipotesi di una malattia grave. Non mi è mai interessato approfondire la malattia, quanto il cambiamento dei comportamenti davanti alla possibilità di poter perdere qualcuno. Roberta è una bambina a cui nessuno spiega niente. Non le viene spi egato perché deve rimanere in casa, non le viene spiegato perché venga esaudito il suo desiderio di tornare al mare, ma soprattu t to non le viene spiegato che suo padre è malato, né la gravità di questa malattia. Deve dedurlo da sola e di conseguenza vive d i intuizioni e fantasie e con lei lo spettatore, il quale non ha mai la percezione di cosa accada al di fuori delle sue sensazioni. L’unica cosa oggettiva per chi guarda è lo scattare di un time - out temporale che induce la bambina a crescere spontaneamente ed entrare nel mondo degli adulti, mentre suo padre fa goffamente un passo verso il mondo dei bambini, dando l’opportunità ad entrambe di riqualificare il loro tempo insieme. “Il nostro tempo” non è un corto di parole o grandi fatti, ma un corto dove i si lenzi e i non detti diventano protagonisti. Dove non c’è comunicazione entra in gioco la percezione e questo vale sempre, per tutti i tipi di rapporto. Il non detto ci costringe a tenere alzate le antenne e a far passare le sensazioni e le emozioni dalla p orta posteriore. Inoltre ci costringe a osservare e ad acutizzare l’ambiente attorno a noi. Raccontare una storia in questo modo mi ha consentito di non dovermi soltanto attenere alla narrazione didascalica dei fatti, ma di poter costruire il più possibile un mondo con uno sguardo e con regole proprie, parallelo alla realtà esistente. Cosa che ho sempre cercato in ogni esperienza cinematografica da spettatrice,
Veronica Spedicati