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CLAUDIO LATTANZI - "Soavi autore complesso e poliedrico"


CLAUDIO LATTANZI -
Ospite del Tohorror Film Fest 2019 con il suo documentario "Aquarius Visionarius", dedicato al cinema di Michele Soavi, Claudio Lattanzi si è lasciato intervistare per raccontare meglio il suo progetto.

Quando nasce l'idea di questo documentario?

Io e Michele ci conosciamo da anni, dal documentario "Il mondo dell'orrore di Dario Argento", nel 1985, ero il suo assistente sul set. Ci siamo conosciuti sul set di "Phenomena", e ho lavorato con lui anche nei suoi film per il cinema, fino a "La setta".
Per anni non ci siamo sentiti, solo qualche telefonata in amicizia: la sua parte televisiva non l'ho seguita affatto, ma volevo fortemente fare un documentario sul suo cinema.
Lui è un personaggio criptico, come autore, più di una volta mi sono proposto: ma mi ha sempre detto di no...
Quando stava girando la prima stagione di "Rocco Schiavone" l'ho risentito per un libro sui grandi incontri con i registi della mia vita, e da lì ha finalmente accettato. Mi ha anche aiutato molto, affidandomi un sacco di cassette di dietro le quinte, mettendomi in contatto con una produzione interessata... Ma dopo anni che provavo a convincerlo!

Quali sono state le maggiori difficoltà nel riepilogare una carriera come quella di Soavi?

Fare un documentario su Michele non è facile... Era un personaggio tosto sui set, ed è anche molto schivo, non frequenta i festival e non ama troppo parlare di sé.
Mi sono dovuto guardare tutto, le cose che conoscevo bene perché avevo lavorato con lui, i suoi film con Terry Gilliam e tutte le produzioni televisive.
Penso realmente che Soavi - anche se è un po' bloccato nelle produzioni tv - sia uno degli autori più complessi e poliedrici del nostro cinema. Dallo splatter agli horror più originali, a fiction poliziesche e religiose, storiche e thriller: tutto quel che ha fatto si può riconoscere perché ha un "marchio Soavi" che lo rende unico. Il suo stile è il filo conduttore della sua carriera, ha anticipato tutto ciò che oggi va per la maggiore (i vari "Suburra", "Gomorra" e simili...).
Non capisco perché non abbia il giusto successo che si meriterebbe.

Nel documentario ci sono molte interviste a personaggi del cinema: sei riuscito a fare tutte quelle che volevi?

Ne mancano due, a essere sinceri: avrei voluto intervistare Terry Gilliam, che però era impegnato e poi è stato male sul set del film su Don Chisciotte, e il vero capitano Ultimo, a cui ha dedicato la serie di enorme successo con Bova. Ma sarebbe stato molto complesso a livello logistico, rischiavamo davvero di allungare la produzione di troppi mesi... Sono contento così, alla fine sono tutte mie scelte.

In questo periodo stai girando i festival anche con un tuo film, Everybloody's end: puoi raccontarci di cosa si tratta?

È un film horror, mi sono riavvicinato al genere perché oggi con pochi mezzi si può fare un prodotto indipendente ma professionale e di qualità. Non è un'operazione nostalgica, ma volevo fare un omaggio ai film della Hammer, che è diventato anche un omaggio agli autori che amo, come Franco.
Per questo ho coinvolto persone che hanno lavorato nel genere italiano degli anni '70-'80, come Tentori, Stivaletti, Geleng e molti altri. Stiamo iniziando il percorso festivaliero, sono felice di far vedere anche questo nuovo lavoro!

24/10/2019, 08:13

Carlo Griseri