FESTIVAL DEL CINEMA LATINO AMERICANO DI
TRIESTE 34 - Dal 9 al 17 novembre
Storie di uomini e di donne, di ieri e di oggi, che hanno spesso la memoria come filo conduttore, sia quella degli eventi che hanno segnato un popolo, che quella delle radici familiari o di epoche perdute. Al XXXIV Festival del Cinema Latino Americano di Trieste, dal 9 al 17 novembre 2019 al Cinema Teatro Miela e al Museo della Comunità ebraica di Trieste “Carlo e Vera Wagner”, il subcontinente continua a interrogarsi su se stesso e sulla propria identità, utilizzando tutti i generi del cinema, siano commedia, dramma, thriller, documentari o anche brillanti falsi documentari.
Circa un centinaio i film in programma, articolati nelle tradizionali sezioni in concorso (Concorso Ufficiale, Contemporanea Concorso, Mundo Latino, Malvinas) e in quelle collaterali. Tornano, con maggiore forza, due sezioni che appartengono alla storia del Festival del Cinema Latino Americano. Cinema e Letteratura diventa competitiva: i film in gara, con sceneggiature tratte da capolavori della letteratura latinoamericana come Arráncame la vida o La tregua, saranno giudicati da una giuria di docenti delle Università di Trieste, Udine, Venezia, Padova, Bologna, che collaborano da tempo con il Festival, e da Marco Cassini, editore di Edizioni SUR, che offrirà il punto di vista di un editore alle trasposizioni cinematografiche. Shalom, il sentiero ebraico in America Latina segue le tracce della presenza ebraica nel subcontinente e quest'anno conta sulla prestigiosa collaborazione del Museo della Comunità ebraica di Trieste “Carlo e Vera Wagner”, che ospiterà la proiezione di tutti i film di questa sezione, domenica 10 novembre 2019, un vero e proprio viaggio nell'identità e nella cultura degli Ebrei in America Latina. Il Festival del Cinema Latino Americano è lieto di annunciare un'altra partnership di grande prestigio, che consolida i legami con le istituzioni culturali triestine: sabato 16 e domenica 17 novembre 2019, al Castello di Miramare sarà proiettato in loop, nella Sala Rosa dei Venti, il film Maximiliano de México – Sueños de poder di Franz Leopold Schmeizer (Messico/Austria); una proiezione lungo il percorso museale che anticipa futuri progetti comuni.
La Retrospettiva è dedicata al regista argentino Fernando Spiner, che ha stretti legami con l'Italia, essendosi formato nel Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
Gli Eventi Speciali di quest'edizione del Festival sono quattro: Sertânia, del regista brasiliano, di origine italiana, Geraldo Sarno (la proiezione a Trieste è un'anteprima internazionale), l'ecuadoriano Panamá di Javier Izquierdo e i due documentari di Tonino Pinto, I ragazzi di Ipanema e Somos Cubanos.
Tanti gli argomenti proposti dai 16 film selezionati per il Concorso ufficiale e tanti i piccoli gioielli presentati nella sezione. A cominciare da La revolución y los artistas di Gabriel Retes, uno dei più importanti cineasti messicani: il film rivive gli anni ‘20 del Messico, quando arte e
letteratura, amore e rivoluzione si incontravano ed erano spesso una sola cosa. Veneza di Miguel Falabella conta su una splendida Carmen Maura crepuscolare, per raccontare un sogno da realizzare, dal Brasile a Venezia. Nello spagnolo Bernard di Alex Quiroga due fratelli devono confrontarsi con un padre perso di vista da anni e malato di Alzheimer. Il cubano Inocencia di Alejandro Gil Alvarez, appena selezionato da Cuba per i Premi Goya e ambientato nell'Avana del XIX secolo, commuove per l'ingiustizia subita da un gruppo di otto giovani studenti di Medicina condannati a morte per un crimine non commesso. Il brasiliano Boca de Ouro di Daniel Filho ripercorre la storia di un criminale di Madureira, favela di Rio de Janeiro, attraverso l'incontro di una giornalista con una delle sue ex amanti.
Nella Sezione Contemporanea Concorso, con 17 film tra lungometraggi e documentari, si racconta l'America Latina di ieri e di oggi: da come le dittature abbiano condizionato e trasformato anche i rapporti sentimentali (Amor en dictadura di Emilia Faur) ai colori, l'esuberanza e la cultura de L'Avana, eredità delle sue tante anime (Herencia di Ana Hurtado); dalla street art come strumento di ribellione anche alla violenza dei narcos (Los Días de la ballena di Catalina Arroyave Restrepo) ai dubbi di un piccolo criminale alle prese con ricatti, traffico d'organi e nuovi incontri che potrebbero cambiare la vita (Humanpersons di Frank Spano). E poi l'omaggio a Myriam Palacios, attrice cilena malata di Alzheimer, e ai suoi sforzi contro la malattia (La desmemoriada di Mauricio Alamo), il ritratto di un architetto rivoluzionario ed eccentrico come Rodolfo Livingston (Método Livingston di Sofía Mora), la maestosità e la bellezza selvaggia del paesaggio patagonico, tra ritmi antichi e cambi delle stagioni (Ojo de mar di Pavel Tavares e Benjamín Garay). E ancora Buenos Aires, che continua ad affascinare i cineasti con la sua architettura misteriosa, stavolta in Segundo subsuelo, firmato da Oriana Castro e Nicolás Martínez Zemborain.
La memoria del passato, con i suoi valori, le sue tragedie e la sua cultura, è uno degli assi portanti del Festival del Cinema Latino Americano, si tratti di quella degli immigrati italiani, che hanno contribuito a creare la cultura e l'identità dei loro nuovi Paesi, o di quella degli eventi drammatici che hanno determinato istanze e idiosincrasie dei popoli latinoamericani o, ancora di persone e luoghi che rischiano di essere perduti, cancellando così parte del patrimonio e dell'identità comune.
Quest'anno è il filo conduttore di diversi film, nelle diverse sezioni del Festival. Malintzin, la historia de un enigma di Fernando González Sitges ricorda una delle più discusse figure femminili della storia messicana, che permise l'affermazione dei Conquistadores e il primo mestizaje. Los Índalos di Roberto Persano, Santiago Nacif e Juan Andrés Martínez Cantó segue le tracce dei familiari rivoluzionari di Aurora Sánchez. Anche Gran Orquesta di Peri Azar è un film sulla memoria, con il lavoro di ricostruzione dei suoni dagli spartiti ritrovati in un baule. Ma c'è anche la perdita di memoria, che cancella la nostra identità e con cui dobbiamo fare i conti, vista la sempre maggiore diffusione di malattie degenerative come l'Alzheimer, che ritroviamo nei già citati La desmemoriada di Mauricio Alamo e Bernard di Alex Quiroga.
"Viviamo un tempo in cui la perdita di memoria rischia di avere conseguenze catastrofiche, soprattutto in quest'Europa scossa da egoismi e nazionalismi. Ho sempre presente una frase di Patricio Guzmán: "Senza memoria siamo come una famiglia senza fotografie". Per questo il Festival ha sempre dato, e continuerà a dare, spazio ai film e ai documentari che ricordano il passato, riportano alla luce episodi perduti e ricostruiscono storie che ci aiutano a capire meglio il
nostro presente. Cosa sarebbe il Messico senza la Malintzin e cosa sarebbero l'Argentina, il Brasile e il Cile senza la ferita delle dittature? Non dimenticare definisce la nostra identità" commenta il direttore del Festival del Cinema Latino Americano di Trieste, Rodrigo Díaz.
Anche quest'anno il Festival del Cinema Latino Americano dà ampio spazio al lavoro delle donne, dietro e davanti alla macchina da presa. Non una scelta a priori ma perché, come ripete il direttore Rodrigo Díaz "selezioniamo i film che meglio rappresentano le inquietudini dell'America Latina, cercando di mantenerci lontano dai luoghi comuni e di dare visibilità a opere di alta qualità artistica. Il fatto che ci siano tante opere di cineaste, è semplicemente il riflesso della qualità del loro lavoro che fa sì che le opere siano selezionate".
Oltre ai film al femminile già citati nell'illustrare le sezioni, sono da segnalare Ana de día, della spagnola Andrea Juarrieta, che racconta la reazione di Ana allo scoprire che una sua sosia ha preso il suo posto e le sue responsabilità in famiglia e al lavoro e che ha dunque la possibilità di reinventarsi come vuole. Cortázar y Antín: Cartas iluminadas dell'argentina Cinthia Rajschmir ricostruisce la corrispondenza tra il giovane regista Manuel Antín e Julio Cortázar. Che, memórias de um ano secreto di Margarita Hernández, che ricorda la misteriosa sparizione del Che, tra la Tanzania e Praga, in attesa di un nuovo destino. Hoy y no mañana di Josefina Morandé presenta un viaggio tra le donne che nel 1983 diedero vita al movimento Mujeres por la vida, con cui, durante la dittatura militare cilena, denunciavano cosa succedeva davvero nel Paese. Ancora dal Cile, Michelle Ribaut Kompatzki racconta in Raúl Pellegrin, Comandante José Miguel la vita del leader del "Frente Patriótico Manuel Rodríguez". Silvia di María Silvia Esteve è una poetica cronaca familiare, in cui due sorelle ricostruiscono la tragica vita della madre attraverso documenti e ricordi, per cercare di dare un senso al suo matrimonio infelice.
Se è sempre piuttosto difficile produrre film nei Paesi di lunga tradizione cinematografica, come il Messico, l'Argentina, il Brasile o il Cile, a causa delle limitate risorse economiche, diventa ancora più complicato nei piccoli Paesi, più poveri e con meno strumenti di produzione. Per questo il Festival del Cinema Latino Americano è sempre lieto di presentare i film di queste piccole cinematografie, che hanno meno probabilità di avere uno spazio nel mercato internazionale.
Uno degli eventi speciali 2019 è il film ecuadoriano Panamá di Javier Izquierdo, che racconta l'incontro casuale a Panama tra due ex compagni di scuola di Quito: nessuno dei due è quello che sembra e, dietro le loro identità false, entrambi si muovono nei terreni pericolosi tra corruzione e guerriglie di liberazione.
Il film guatemalteco Septiembre di Kenneth Muller è ispirato a un fatto reale, per raccontare il viaggio di un padre e di una figlia in fuga dal conflitto armato dell'interno del Paese. Lo que siento por tí arriva dalla Repubblica Dominicana ed è firmato da Raúl Camilo, per raccontare contemporaneamente tre belle storie di inclusione sociale, una madre single con due figli autistici, una coppia che cerca senza successo di avere figli, il padre di un atleta alle Olimpiadi Speciali.
Nella sezione Cinema e Letteratura, il nicaraguense Antojología de Carl Rigby di María José Álvarez è un omaggio a Carl Rigby, il pioniere della poesia orale Ni-caribeña: conversazioni, monologhi, passeggiate nella vecchia Managua, ricostruiscono l'universo del poeta.
04/11/2019, 07:51