CINEMA, DOMANI - Massimiliano Pacifico, regista documentarista
Nuovo appuntamento con l'inchiesta di Cinemaitaliano che esplora, attraverso le parole di diversi operatori della filiera cinematografica, i possibili scenari che potrebbero coinvolgere il mondo del cinema in Italia una volta superata l'emergenza Covid-19.
Alcuni registi e produttori nelle ultime settimane hanno scelto di avviare progetti cinematografici di varia natura, per raccontare attraverso la settima arte il momento che stiamo vivendo. Abbiamo intervistato il regista documentarista
Massimiliano Pacifico, che da diverse settimane sta raccogliendo video per un documentario che racconterà la quarantena.
Da qualche giorno, insieme al produttore Angelo Curti, siete partiti per una nuova avventura che vuole raccontare il difficile e complesso momento che stiamo vivendo. Quale è stato lo spunto da cui siete partiti e cosa sta alla base del film?
Ad essere precisi è più di qualche giorno, abbiamo deciso di diffondere quest'idea il 21 Marzo sui social, ma già da alcuni stavo raccogliendo messaggi. L'idea nasce dal fatto che insieme ad alcuni colleghi gestisco una pagina Facebook di casting molto seguita soprattutto da chi vuole fare la comparsa. Io ho iniziato proprio come capogruppo su alcuni film come "Gomorra" di Garrone e "Mozzarella Stories" di De Angelis, ma poi ho trasferito questo lavoro ad alcuni collaboratori, mentre io ho continuato come casting director, oltre che come regista. Negli anni abbiamo guadagnato la stima e la collaborazione di migliaia e migliaia di persone che continuano a lavorare con noi ed a seguirci sui social. Queste persone hanno continuato a scriverci durante il periodo di stop delle riprese ed alcuni ci raccontavano come trascorrevano il loro tempo durante la quarantena e come questa avesse condizionato la loro vita. E' stato naturale per me pensare di farne un film documentario, raccogliendo tutte queste forme di racconto 'spontanee'. Ho poi esteso la richiesta a tanti altri: attori, operatori dell'industria cinematografica, amici e conoscenti. Ed ecco che nel breve lasso di tempo finora trascorso mi hanno inviato video circa 300 persone, ed alcuni non solo un video ma più video brevi, ed in giornate diverse. Per alcuni è diventato una sorta di appuntamento fisso. Se potessi riassumere questa esperienza la chiamerei ad oggi "un film sulle mie comparse".
Mi è sembrato naturale poi cercare il consenso e l'appoggio di Angelo Curti, Teatri Uniti, con cui in passato ho collaborato per numerosi documentari, tra cui il mio ultimo "Il teatro al lavoro" che ci ha portato alla cinquina nei Nastri d'Argento, oltre che ad un ottimo botteghino per un documentario.
Quale è stata la reazione della gente a questa vostra richiesta di affidare una fetta di vita propria nelle mani di uno "sconosciuto", e quanto materiale avete già raccolto?
La reazione è stata appunto di grande entusiasmo. Molti mi conoscevano già, anche se in maniera indiretta. Non sono un estraneo che hanno incrociato su un giornale, o un sito web. Sono quella persona con cui tante volte si erano dovuti relazionare per fare la comparsa in un film o una serie. E si sono subito fidati, mi hanno inviato video e racconti che spesso sono molto personali, intimi. Si confidano, si svelano, si raccontano. La cosa che più mi ha colpito è che sono abituato a vederli nel nostro contesto, ovvero su un set, ed ora invece sono entrato nelle loro case, nelle loro famiglie, nelle loro vite.
Che spaccato di Italia stai vedendo, e c'è una sorta di direzione "interna" da parte tua, suggerimenti sul posizionamento della camera o sui tempi, e quindi la realtà sta intervenendo/interferendo con altra realtà?
Per me resta comunque qualcosa di molto familiare. Ho sempre amato il documentario d'osservazione, facendone come mio riferimenti Frederick Wiseman e l'amico Vincenzo Marra con cui ho anche lavorato. Due grandi Maestri del documentario, a mio parere. Il mio modo d'intendere il documentario è quello di riprendere senza intervenire sul soggetto o l'avvenimento che sto riprendendo. Non faccio interviste, non costruisco le situazioni, tuttavia amo esserci filmare continuamente affinché i soggetti dimentichino la mia presenza. Questo film forse porta all'estremo questa idea, non essendo io per niente coinvolto nelle riprese ed affidando al soggetto stesso questa responsabilità, anche se non credo che da soli riescano a raggiungere quel livello di realismo che raggiungiamo nei film documentari. Ma per questo progetto non importa. Anzi trovo molto belli ed interessanti anche quei (numerosi) video che sto ricevendo in cui le persone guardando in 'macchina' si raccontano direttamente, come una sorta di confessione o seduta psico-terapeutica. Alcune persone mi hanno ringraziato per questa opportunità, e non banalmente perché possono "avere il loro minuto di notorietà", ma proprio per lo sfogo quotidiano e 'psicologico' che ho offerto loro. In questo senso il mio intervento c'è, perché man mano che mi inviano i loro video con Whatsapp, il mio commento è immediato e magari spingo nella direzione che m'interessa. Non tanto dal punto di vista tecnico ma soprattutto sui temi o gli argomenti che credo loro stiano affrontando, e questo rende il film in un certo senso molto 'interattivo'.
Molte persone hanno mosso delle critiche riguardo i vari progetti cinematografici di racconto della quarantena che stanno nascendo in queste settimane. Al di là delle intenzioni, e del troppo semplicistico "giusto o sbagliato", credi che siamo già in grado di elaborare la realtà che stiamo vivendo in questo momento, e di produrre immagini "ragionate" su quanto (ci) sta accadendo?
Aldilà dei commenti e degli attacchi ricevuti in maniera diretta (messaggi) o indiretta su Facebook, io cerco sempre di pormi la domanda se ciò che sto facendo ha un giusto valore etico e morale. Non credo che necessariamente il cinema, ne tantomeno il documentario, debba assumersi l'onere di educare le persone, ma chiaramente mi dispiacerebbe fare qualcosa che potrebbe urtare la sensibilità di alcuni. Ho riflettuto ed ho ritenuto giusto andare avanti, poiché il mio film è un film sulle persone semplici, quelle che non hanno conosciuto il dolore vero e la morte ma che si ritrovano costrette in una casa per evitarla. Una condizione comunque dolorosa ma che è lontana dalla mercificazione della sofferenza e dal voyeuristico desiderio di raccontare e filmare il male. Racconto l'ordinaria quotidianità in un momento che ordinario non è. In un post su Facebook ho citato Zavattini e Rossellini perché sono loro che per primi, durante la mia formazione, mi hanno spinto alla ricerca di raccontare la verità e raccontarla in maniera rigorosa. In ogni caso, il mio è un progetto 'in itinere", potrei anche decidere di non montarlo mai. Non ho impegni con nessuno e lo stesso produttore Angelo Curti ha sempre spinto verso una libertà artistica e produttiva che ci consente di decidere anche di non farlo uscire affatto il film, se questo non corrisponderà a ciò che cercavamo. Ho recentemente coinvolto anche il mio collega e montatore Diego Liguori con cui ho fatto tutti i miei film finora e questo può essere solo un grande vantaggio per l'obiettività del film, mentre per la raccolta e l'organizzazione dei tantissimi video che riceviamo tramite la nostra pagina Facebook Klab4 Film mi sto avvalendo della collaborazione di Francesca di Lillo.06/04/2020, 12:36
Antonio Capellupo