Fondazione Fare Cinema
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Note di produzione di "Everything Changes"


Note di produzione di
Il progetto di questo film-documentario nasce da un reportage sulla fuga dei monaci buddisti dal Tibet realizzato nell'autunno del 2006 dal fotoreporter Cristiano Bendinelli. Ciò che allora interessava di questa storia era principalmente l'aspetto di denuncia civile. L'intento principale era infatti di testimoniare come in questi anni, nonostante le aperture cinesi all'occidente, la situazione in cui si trovano i tibetani dissidenti – al contrario di quanto affermano le autorità – non sia per nulla cambiata. Ancora oggi c’è chi, spinto dalla disperazione, attraversa a piedi un passo posto a più di 6000 metri di altezza per fuggire dalla propria terra (senza le attrezzature necessarie e con il rischio di morire assiderato o di essere ucciso, come è capitato di recente). A farlo sono, tra uomini, donne e bambini, circa duemilacinquecento persone ogni anno. Il reportage andò a buon fine, così come la fuga dei monaci incontrati. Questa storia, come altre prima di questa, poteva considerarsi chiusa. Col tempo, però, Cristiano si rese conto che l'esperienza avuta in quell'occasione era di tale portata che necessitava di essere rivissuta e raccontata di nuovo da un punto di vista più ampio di quello giornalistico e con mezzi diversi da quello fotografico. Di questa vicenda iniziarono a svelarsi non solo i risvolti umani e civili ma anche quelli simbolici. Questi individui in fuga verso un luogo in cui poter vivere la loro spiritualità si sono mano a mano delineati come i portatori di un destino che, in un mondo sempre più influenzato da un occidente secolare e materialista (il cui principale malessere sembra nascere dalla perdita della dimensione religiosa nel quotidiano), è ormai comune alla maggior parte degli uomini. Il coraggio, la forza di volontà, la serenità e la fede con cui i monaci incontrati affrontavano quel viaggio sono sembrati un modello per noi ora difficile da raggiungere. Il movente della loro fuga è la necessità interiore di poter professare liberamente la loro fede, qualcosa che noi spesso non sappiamo neanche più di aver perso.