CORTO E CULTURA 13 - I vincitori
Miglior film
“Amare affondo” – Matteo Russo
Un folgorante inizio metafisico per un melodramma attuale dall’impianto moderno, ( quasi nouvelle vague ), ma dal sapore classico. All’interno di una competizione quest’anno particolarmente agguerrita, premiamo il lavoro di squadra solido e ben condotto di questo gran bel cortometraggio (con un apprezzamento particolare agli interpreti, alla regia, alla fotografia e a al montaggio).
Miglior montaggio
“Amare Affondo” – Gianluca Conca
Il bel lavoro di Matteo Russo è impreziosito da un montaggio rigoroso e dal ritmo ineccepibile (a tratti sinfonico). Certamente aiutato dalle immagini che in alcune circostanze valgono da sole il prezzo di un ipotetico biglietto, il montaggio ha saputo tenere a bada la bellezza complessiva del film, focalizzando l’attenzione sugli eventi.
Premio legalità
“Il giovane giudice” – Angelo Maria Sferrazza
Le vicende reali di Rosario Livatino, il “giudice ragazzino” ucciso dalla stidda agrigentina nel 1990 vengono qui presentate con un buon lavoro che evita le insidie retoriche insite in una operazione cinematografica di questo tipo. Ottimo l’utilizzo del materiale di repertorio. Premio tanto necessario quanto meritato.
Premio memorial “Stefano Nenna”
“L’eredità” – Gianni Sallustro
Interpretazione misurata e fisica quella di Gianni Sallustro che dà corpo a un personaggio dolente e perfettamente realistico all’interno di un’opera corale dove gli interpreti fanno a gara di bravura (e di empatia). Non fa pesare la sua presenza in scena ed è il tipico interprete che fa sentire molto la sua mancanza quando non c’è. Ottimo.
Premio miglior fotografia
“L’eredità” – Francesco Morra
La fotografia pastosa e poco contrastata di Morra fa da contrappunto alle tinte forti della storia. Immagini dal sapore jazz, (con i volti a stento illuminati nella notte e la luce “normale” del giorno). La scelta di un’ampia gamma cromatica su una storia fortemente polarizzata si è rivelata, ai nostri occhi, una scelta intelligente, anche un po’ rischiosa, ma in definitiva azzeccata.
Premio miglior regia
“L’eredità” – Raffaele Ceriello
Lo stile di Ceriello è un non stile per eccellenza; regia solida e lineare, preferisce mettersi da parte focalizzando l’attenzione su interpreti e storia, evitando raffinatezze inutili e colpi di alta scuola. Scelte di regia piuttosto impopolari di questi tempi, ma di gran lunga vincenti in questo caso. Ci ha riportato alla memoria due grandi della regia “liquida” se ci concedete il termine; Jean Renoir e William Wyler.
Miglior corto del territorio
“Mille e una vita” – Pietro Ciciriello
Un lavoro lieve come una piuma e dalle profondità non del tutto esplorate, impreziosito dalla presenza di Pietro Ciciriello che si è rivelata non solo una scelta azzeccata ma, a nostro parere, necessaria. Questo film, per essere gustato a pieno, va visto almeno due volte.
Premio “La donna, la violenza e la vita”
“La gita” – Salvatore Allocca
Le difficoltà quotidiane, qualche volta anche minime ma pur sempre costanti di una ragazza italiana di prima generazione. Anche una comunissima gita scolastica può diventare occasione per scontrarsi con il colore della propria pelle (ma può essere anche l’inizio di un’altra storia, inaspettata). Film delicatissimo, mai sopra le righe con dei giovanissimi interpreti a tratti strepitosi (e bravissimo anche il regista che li ha diretti).
Premio miglior film “Vincenzo Caracciolo”
“Mai per sempre” – Fabio Massa
Il film di Fabio Massa entra di diritto nella tradizione del cinema Partenopeo che ci porta indietro nel tempo fino alla Dora Film di Elvira Notari che riempiva i cinema esattamemnte un secolo fa. Fabio ne è un degno erede e sulla base degli stessi elementi: una produzione artigianale dalla tecnica sopraffina, un cast dalle qualità indiscutibili, un piglio fieramente indipendente ma capace di superare le alpi e farsi notare anche all’estero e una cultura intrisa di napoletanità. In questo caso ci consegna un’opera che è un cazzotto nello stomaco (letteralmente) e che tiene incollati allo schermo fino all’ultimo fotogramma (anche in questo caso, letteralmente). Caro Fabio, speriamo che anche tu, come la Notàri cent’anni fa, possa fare sold out in tutti i cinema.
Premio miglior attore
“Mai per sempre” – Massimiliano Rossi
Rossi Massimiliano Rossi dà vita a un “villain” d’altri tempi; un personaggio integralmente cattivo che, a scanso di equivoci perde gli ultimi brandelli di umanità in un dialogo serrato tra il padre e il protagonista del film. Rossi concretizza un personaggio che non si vede tanto, ma getta la sua ombra lunga su tutto la pellicola. Operazione complicata ma riuscita. Per un personaggio cardine occorreva un grande attore. MAI PER SEMPRE lo ha avuto: Massimiliano Rossi.
Premio immigrazione
“Schiavonea” – Natalino Zangaro
Corto realistico, romantico e duro che, con pochissimi elementi ben dosati, ci fa riflettere sulla “normalità del male”, lontano da retorica e buonismo.
Menzione speciale
“Destino” – Bonifacio Angius
Bonifacio Angius è un autore con la A maiuscola, lontano dalle solite rotte del cinema italiano. Le sue storie raccontano sempre di mentecatti che vivono (o meglio sopravvivono) vite di assoluta mediocrità: questa non fa eccezione, presentandoci un personaggio meschino e inetto, perfettamente interpretato dallo stesso Angius. Regia minimale e rigorosa dove anche un primo piano immobile acquista una grande potenza magnetica.
Menzione speciale
“L’attesa” – Angela Bevilacqua
Opera solidissima girata in un unico virtuoso piano sequenza e con un’unica interprete a dir poco magnetica. Film attuale e ansiogeno, ci regale dieci minuti di tensione pura, minuti in cui il tempo reale e il tempo filmico coincidono.
Premio miglior sceneggiatura
“A farfalla!” – Fabrizio Parisi e Cristina Agliozzo
La sceneggiatura “A farfalla” ha molto colpito la giuria, per la verve e la simpatia dell’episodio raccontato, ma la giuria ne ha anche apprezzato la tematica affrontata con ironia. Germano è un ragazzo affetto da autismo, e con la complicità dell’amico Bruno e di qualche infiltrato fanno un’incursione “simpatica”, una sorta di spettacolo, in una piscina di “burini” arricchiti per tirare su qualche soldo sfruttando le stereotipie e le “fisse” del ragazzo. Il risultato è una bella sceneggiatura, movimentata e divertente, aiutata anche dal dialetto romanesco che suscita sempre allegria. Un gran bel lavoro.
04/08/2020, 19:22