Fondazione Fare Cinema
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Note di produzione di "En ce moment"


Note di produzione di
Ho ricevuto da Cortona On The Move, festival di fotografia che si svolge da dieci anni a Cortona, in provincia di Arezzo, l’incarico di curare un progetto che parlasse della pandemia da Covid-19. Mi occupo di fotografia, come giornalista, docente, curatrice e photo editor per cui, realizzando prevalentemente progetti con l’immagine statica e con la scrittura, ho cercato tra giovani autori under 35, qualcuno capace di raccontare una storia originale. Ho ricevuto moltissimi progetti ma nulla mi sembrava efficace. Ho chiesto a Serena Vittorini, fotografa italiana residente in Belgio, cosa avesse realizzato durante il lockdown o se avesse sentito l’esigenza di indagare con le immagini la pandemia. Mi ha confessato che non aveva fotografato ma girato dei video durante i giorni della forzata clausura. Ero curiosa. Mi sono fatta mandare questi diari animati e, sebbene avessero imprecisioni e non seguissero una sceneggiatura, li ho trovati forti e spontanei. Potevo riconoscere uno stile preciso, ereditato dall’esperienza fotografica. C’è una sorta di calma nelle riprese. Una lentezza e una staticità che rendono le inquadrature pulite, essenziali e nella loro ingenuità, autentiche nel tentativo di dire, di testimoniare o conservare come album della memoria, un vissuto intimo e doloroso che da ritratto di coppia in un interno al tempo della pandemia, diventa esperienza esistenziale. Serena Vittorini parla dell’amore, lo vive, lo filma, coinvolge la sua compagna Ophélie Masson, insieme danno voce e corpo alle contraddizioni della relazione: richieste, bisogni, paure. È la loro storia ma forse è quella di ognuno di noi di fronte all’altro e alla grande sfida dell’amore. Abbiamo deciso di farne un film e il risultato è il frutto della preziosa collaborazione con Esmeralda Calabria, montatrice di grande e profonda esperienza. Con lei è nata la scelta di “chiudere” le immagini nel formato panoramico, una sorta di grande fessura da cui spiare, sottolineando ed esasperando quel senso di claustrofobia che pervade le cronache dei giorni di Serena e Ophélie. L’autrice narra questo presente, en ce moment, così assurdo e inimmaginabile, così universale eppure così solitario, in cui le complesse dinamiche della coppia, i continui dialoghi , come una partita senza fine diventano il canovaccio narrativo del cortometraggio. Il risultato è a tratti disturbante, non si percepisce mai la figura intera – quasi neppure i volti – frammentando ulteriormente la narrazione e creando una sorta di disagio nello spettatore mentre osserva, spia in un certo senso, le protagoniste che si muovono, dialogano, si amano e si detestano. Credo che in questa scelta stilistica, abbiamo centrato l’obiettivo: racchiudere la storia, non consentire una facile visione ma offrire la giusta distanza per partecipare al disagio delle protagoniste con la consapevolezza che ciò che scorre davanti ai nostri occhi è l’universale controversa intensità dell’amore.