Note di regia de "Il Condominio Inclinato"
Tra il dopoguerra e gli anni 70 i complessi abitativi di grandi dimensioni sono stati la risposta – ideologica? – a un’idea di città e di società. Il modello di riferimento era il falansterio, grande edificio unitario che avrebbe dovuto sviluppare socialità e favorire relazioni cooperative. In una società che andava progressivamente articolandosi e complessificandosi il prevalere, all’interno di questi progetti, di un carattere “concentrazionario” dello spazio e una sua eccessiva semplificazione (spesso per motivi economici) ne hanno decretato quasi ovunque il “fallimento”.
Tra le eccezioni una realizzazione particolarmente interessante e riuscita è la “città orizzontale” di G. Gambirasio e G. Zenoni a Bergamo (1976-1980). Pur nascendo all’interno del medesimo clima culturale, nell’intervento prevale un approccio sperimentale, ricco di soluzioni che promuovono e favoriscono modalità significative di interazione con lo spazio (cura, personalizzazione) da parte degli utenti. Un progetto a forte vocazione urbana, capace di mediare tra l’omogeneità di una concezione unitaria e la complessità delle relazioni della città contemporanea.
A distanza di 40 anni dalla costruzione, i condomini “Bergamo Sole” e “Terrazze fiorite” sono oggetto di un progetto di ricerca cinematografica mirato a far emergere la forte interazione tra spazio e abitanti. I sopralluoghi e le interviste con i residenti hanno messo in evidenza come sulla qualità architettonica degli spazi – comuni e privati – si sia costruita nel tempo una specifica cultura dell’abitare, fortemente legata sia all’immagine pubblica dell’edifico, sia alla adattabilità (personalizzabilità) delle sue parti private.
Questa complessa dinamica viene descritta attraverso le testimonianze degli abitanti (non solo proprietari di casa ma anche referenti di attività interne all’edificio) e le immagini della loro interazione quotidiana con il luogo. Emerge una dimensione sociale dello spazio che nessun resoconto architettonico (mirato esclusivamente alla restituzione della qualità dello spazio in quanto fenomeno separato) sarebbe in grado di restituire. L’esplorazione dei luoghi della vita di tutti i giorni diventa così un’antropologia dello spazio.
Alberto Valtellina, Paolo Vitali