VENEZIA 77 - "Non Odiare" e non giudicare
Cosa faresti nella stessa situazione tu, spettatore? Una domanda senza risposta, o meglio una domanda con tante risposte quante sono le "teste" a cui viene rivolta. Perché alla base del racconto con cui
Mauro Mancini esordisce nel lungometraggio, "
Non Odiare", c'è un dilemma davvero controverso: vale la pena salvare la vita a qualcuno dalle convinzioni politiche ed etiche all'opposto delle nostre?
Alessandro Gassmann è un medico ebreo che si trova per caso a poter soccorrere la vittima di un pirata della strada, ma quando vede un paio di tatuaggi neonazisti sul corpo dell'uomo si tira indietro e lo lascia morire. Il senso di colpa, però, lo spingerà ad avvicinarsi alla famiglia del morto (i due figli grandi sono
Sara Serraiocco e l'esordiente
Luca Zunic) per scoprire le conseguenze della sua scelta.
Forse un po' monocorde nello sviluppo, che avrebbe tratto vantaggio da un più ampio respiro, "Non Odiare" si fa però (molto) apprezzare per la capacità di non giudicare le parti in causa, mischiando le carte (il bel rapporto tra il padre "nazi" e i figli contro quello pessimo della vittima ebrea) e restando in bilico tra le diverse possibilità (chi odiare, e perché? quando e come smettere di farlo?) senza inutili e controproducenti "spiegoni" ma lasciando molto non detto e molta inevitabile vaghezza sui destini dei protagonisti.
Perché, questo è evidente, non esiste un prima e un dopo, una svolta definitiva o una posizione irrecuperabile. Né nel bene, né nel male. Smettere di riflettere su questi temi sarebbe il primo, fatale, errore.
06/09/2020, 14:30
Carlo Griseri