Note di regia di "Pantagral"
“Pantagral”, come ogni opera prima (anzi primissima), nasce da una sfida con il tempo, il budget, le circostanze, con il desiderio di mettermi in gioco. Ed è proprio il desiderio e i suoi pericoli il tema centrale del cortometraggio che vuole offrire un’esperienza tipica del film di genere, conservando però una riflessione più profonda sul presente. Sono stati gli avvenimenti quotidiani, gli incontri fortunati, le confessioni di una sera a ispirare Pantagral: una città medievale che coltiva giovani talenti per poi lasciarli andare; il conflitto tra le voci dei miei coetanei che rivendicano un’alternativa per il loro presente e la rassegnazione verso un passato che impone ancora il suo linguaggio e i suoi meccanismi. Solo quando l’osservazione analitica rivolta alla città e alle sue persone dunque ha ceduto il passo ad uno sguardo più sentimentale, più empatico abbiamo sentito la necessità di scrivere. Dopo aver raccolto, assimilato, digerito questo “sentimento” i personaggi sono emersi, trasfigurando le voci del reale, in finzione cinematografica, lignificandosi in un “racconto meta” sulla disperata vita di due maschere in cerca della propria storia.
Lo spirito di adattamento alle circostanze, seppur imposto dalle caratteristiche proprie di un set indipendente, ha trovato i suoi primi ispiratori nei metodi di lavoro adottati agli inizi della loro carriera da Matteo Garrone e Massimo Gaudioso, come ad esempio in “Estate Romana”. Infatti non abbiamo plasmato l’immaginario di “Pantagral” solo a partire dalla nostra fantasia ma abbiamo seguito anche il percorso inverso. Ecco, che i personaggi sono cresciuti a partire dagli attori, le scene sono state costruite in base alle location (l’appartamento di Valentina è stato anche lo studio per la pre-produzione) e le scenografie realizzate a partire dalle nostre abilità artigianali (come le maschere).
La produzione ha richiesto il massimo sacrificio delle maestranze e del cast, riuscendo a girare i 28 minuti del film in 3 giornate intense, coinvolgendo partner del territorio umbro come Cinema Zenith e il Centro studi “Sergio Ragni”. Credo fortemente al cinema come lavoro collettivo, alla squadra prima del singolo; al regista come fantasista a tutto campo, che orchestra i talenti che ha scelto, assecondando le loro voci e intuizione, accordandole alla vocazione del film che nel caso di Pantagral è stata quella di descrivere un lento scivolamento della realtà verso la finzione.
Andrea Greco