Note di regia di "Anja. Real Love Girl"
È un sabato pomeriggio d’inverno e sto passeggiando sulla spiaggia di Viareggio. L’aria è carica di mistero e il mare è agitato in cavalloni potenti. Non c’è nessuno lì tranne me e una coppia lontanissima con un cane. Ad un certo punto, nascosto dietro le cabine di uno stabilimento chiuso, intravedo un uomo di mezz’età, di spalle, che sta parlando con qualcuno. Il suo accento è chiaramente dell’est. Ride, poi bisbiglia, poi ride. Il vento mi porta una frase che mi colpisce per il tono delicato con cui viene pronunciata: è una promessa di salvezza. La ripete un paio di volte. Quando l’uomo si rende conto che gli sto passando vicino, si volta verso di me e d’un tratto il suo sguardo si fa torvo e protettivo, come chi ha paura che gli si voglia sottrarre qualcosa di caro. È allora che mi accorgo che non sta parlando con nessuno. L’uomo mi sborbotta una frase e fa un cenno con
la testa per mandarmi via. Io proseguo, non voglio guai. Con la coda dell’occhio però lo osservo mentre mi allontano. Si ricompone, non sembra ubriaco. Si volta verso la persona immaginaria, dice qualcosa e comincia a gridare. L’uomo pattina via lungo la spiaggia, guardandosi intorno in modo sospetto, urlando al mondo tutta la sua rabbia. Diventa un punto lontano e svanisce nell’aria vaporizzata dal mare in burrasca.cAnja è nato così, cercando di decifrare per un attimo la mente di quell’uomo solo, i suoi deliri dolcice malati allo stesso tempo. E mi è parsa subito una bella sfida fare un film di genere che fosse d’intrattenimento, drammatico e d’amore in eguale misura. Un amore perso o forse mai avuto; un amore reale e fraudolento. Con incoscienza mi sono lanciato a creare una storia di ricerca, di perdono, giocando con la realtà, con le percezioni, con la narrativa. Quello che succede in Anja è tutto vero. Vero come la follia di un uomo solo.
Paolo Martini, regista e sceneggiatore
Andrej è quel tessuto epidermico insito e vivente in ognuno di noi, è quella parte complessa che racchiude i nostri ricordi più intimi, i traumi infantili e adolescenziali che indirettamente segnano le nostre vite. Ognuno di noi veste la parte più comoda, ma quando realmente siamo costretti ad affrontare ciò che provoca i nostri sentimenti, allora diveniamo ed indossiamo ciò che siamo nel profondo
L’amore, la sofferenza, e soprattutto l’incontro con la propria complementarietà, suscita il desiderio di raccontarci, la voglia di rivincita, il desiderio di amare per essere amato. Paolo e Giuseppe con questa sceneggiatura mi hanno conquistato subito, la loro idea di rendere vera la follia di un uomo che nell’ombra del passato cerca sé stesso. La mia visione di Andrej e' quella di un uomo protagonista che cerca il senso dell’amore, un sentimento che non lo abbandona mai e si nasconde nei luoghi più misteriosi della sua vita. In Anja il quotidiano diventa virtuale e i propri segreti il reale. È una storia che non devo giudicare ma affronto con essa i temi sociali scomodi ed attuali di cui è importante capire il percorso: l’emarginazione, il razzismo culturale, il sesso, l’integrazione, la tecnologia e i social. Una storia che vive nel tempo di una notte, un dramma emotivo sotto la veste della paura di essere disposti a tutto, anche ad uccidere perché tutto si fa in nome dell’amore. Ho cercato di raccontare una storia unica che s’inspira all’amore, una storia affatto normale perché la normalità, come di Anja, è come l’influenza: è sottovalutata ma può essere mortale.
Pablo Benedetti, regista