Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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Note di regia de "L'Uno"


Note di regia de
Anni fa, un po' per necessità e un po' per avventura, intrapresi uno dei cammini di Santiago che, benchè incompiuto, mi fece sperimentare una condizione mai provata prima.
La “Solitudine”, quella vera.
Quella sensazione, quello stato d'animo, si ripresentarono molti anni dopo, ma in un contesto totalmente diverso. Non più isolato e solitario, ma davanti ad un palco teatrale durante la messa in scena dello spettacolo L'Uno. Ne riparlai poi con i miei colleghi Alessandro e Daniel.
Noi T3 (Alessandro, Daniel e Stefano) a conclusione dello spettacolo, mostrammo alla compagnia Contrasto e al suo regista Paolo Carenzo, il nostro interesse nel realizzarne una versione cinematografica.
Ma cos'è L'Uno ?
Immaginate una favola moderna dalle sfumature pirandelliane; sei personaggi in cerca della propria identità e stabilità emotiva, una cena di fine anno, un evento critico esterno incontrollabile e tanta tanta solitudine.
L'Uno riporta ovviamente alla memoria le tematiche pirandelliane de l'Uno, Nessuno e Centomila e della Maschera.
Uno, è chi vorrebbero essere, Nessuno è chi sono in realtà, Centomila è come gli altri li vedono.
Marta e Tommaso, Claire e Giulio, Cecilia e Marco – i personaggi dello spettacolo - mostrano di essere ciò che in realtà non sono minimamente.
Ogni tanto qualche maschera cede, per poi tornare a celare il vero Io dei personaggi, ed è in quel momento che va colta la loro essenza. Ed è li che si è pensato ad una trasposizione cinematografica.
Perchè Marta e Tommaso, Claire e Giulio, Cecilia e Marco sono personaggi in cui tutti noi possiamo rispecchiarci: egoisti, falliti, vinti, impauriti, soli agli occhi di chi li guarda, ma generosi, ambiziosi, vincitori, audaci e in cerca di affetto a chi riesce a guardare sotto le loro maschere.
Soprattutto nel momento di un futuro incerto e ignoto, benchè illuminato da una luce fulva affascinante e ingannevole, rispetto ad un presente abitudinario e logoro, pieno di monotonia e avvolto dal solito grigiume.
Si dice “chi lascia la strada vecchia per la nuova sa cosa lascia ma non sa cosa trova”, ed è proprio questo che vivono – e ci fanno vivere – i sei personaggi.
Abbiamo modo di scoprire cosa è e cosa sarebbe stato “se”. Ma sfumature pirandelliane a parte, cos'è L'uno?
L'uno – oggetto non meglio identificato che appare un giorno sui nostri cieli – è la somma di tutti i timori umani, è la redenzione e l'ambizione, è il mettersi alla prova, è tutto e niente, è la solitudine.
Perchè i sei personaggi, in primis, sono e saranno soli.
Dalla coinvolgente trama della versione teatrale - interattiva e immersiva come molti altri spettacoli della Compagnia Contrasto – abbiamo voluto ricavarne una versione filmica, poetica e magica, viste le possibilità del cinema, pur mantenendo l'impronta teatrale.
Si è così deciso di mantenere la location in cui tutta la vicenda si svolge, un atelierloft-bunker, quasi claustrofobico che sottolinea l'isolamento, per uscire solamente tre volte, ovvero nei tre esterni flashback, tre momenti magici e colorati, in cui veniamo a sapere qualcosa in più dell'oggetto misterioso ma, soprattutto, delle dinamiche tra le singole coppie.
E' il colore uno degli elementi fondamentali del film: vari colori pastello o accesi, sempre presenti e vividi, ma tra tutti uno in particolare: il rosa.
Il rosa, rappresenta la semplicità e l'empatia. Sono personaggi comuni, normali, i classici vicini di casa in cui ti imbatti ogni giorno, ognuno con i suoi problemi e con il suo carattere in cui certamente ci si può immedesimare.
All'interno del bunker c'è poi una dominante di giallo, un colore caldo e accogliente, ma che cela in realtà significati più reconditi: l'insicurezza e l'instabilità.
Abbiamo poi, in due flashback, la presenza del verde: simbolo di pericolo e sfortuna in un caso, di immaturità e ingenuità nell'altro.
Infine in un ultimo flashback abbiamo il rosso e il blu: amore e passione il primo, malinconia e isolamento il secondo.
Proprio per il suo significato, si è preferito dare un valore “universale” al film.
Sappiamo per certo che i fatti si svolgono durante un capodanno occidentale, ma è qualcosa che accade o potrebbe accadere “in nessun luogo e in nessun dove” e che può coinvolgere chiunque.
Per coincidenza assurda, ad un anno esatto dalla chiusura del film, qualcosa di simile è capitato a tutti noi, e ancora di più abbiamo vissuto l'esperienza che i personaggi de L'Uno ci hanno raccontato: la solitudine che, anche se vissuta insieme ad altri, ti mette faccia a faccia col tuo Io.
Si è preferito mantenere una regia classica, seppur dinamica, rispettando comunque l'impronta teatrale che sta alla base del progetto attraverso movimenti chiave mirati , come la scelta di un 360° nel momento in cui i personaggi, e l'intera vicenda, stanno precipitando nel baratro di un vortice di tensioni accumulate tra loro che, inevitabilmente, esploderanno.
E' una dimensione straniante e surreale che raggiunge l'apice nel momento in cui, finita la paura, ogni personaggio getta via la sua maschera, per tornare ad una dimensione reale - comunque mostrata - grigia e noiosa in cui saranno, da li in poi, costretti a vivere ancora più soli di prima.
Perchè non si è mai soli dentro una stanza vuota, ne a camminare nel cuore della notte, ne seduti in cima ad un monte ad ammirare il panorama.
Si è soli quando la solitudine da alla luce l'originale che c'è in ognuno di noi.