Note di regia de "Il Talento del Calabrone"
Quando	la	Paco	Cinematografica	mi	ha	presentato	il	soggetto	di	Lorenzo	Collalti,	Il	Calabrone,	 ne	 ho	 immediatamente	 colto	 le	 potenzialità ̀ e	 riconosciuto	 l'opportunità ̀ di	 raccontare	 una	 storia	 introspettiva	 ma	 allo	 stesso	 tempo	 epica	 che	 affronta	 il	 tema	 della	 percezione	 della	 realtà ̀ .	 Un	western	minimalista	e	 urbano	 con	 un’anima,	 capace	 di	 far	 scaturire	 domande	 come:	 chi	 siamo,	cosa	è il	male,	cos’è il	bene.	Una	storia	contenuta	- anche	fisicamente	negli	spazi	di	una	 radio	- ma	 capace,	 grazie	 alla	 sua	 profondità ̀ ,	 di	 travalicare	 i	 limiti	 della	 trama	 e	 diventare	 un’opera	universale.	 Con	 Lorenzo	 (Collalti),	 abbiamo	 scritto	 la	 sceneggiatura,	 partendo	 dall’assunto	 che	 ciò che	 appare	non	è come	sembra	e	che	“tutto	si	muove”	per	effetto	di	una	compenetrazione	del	male	 e	del	bene.	I	nostri	“eroi”,	DJ	Steph	e	Carlo,	non	sono	quello	che	sembrano.	Le	loro	personalità,	 il	loro	agire	è duplice	e	nasconde	un’altra	realtà:	un	segreto,	marchiato	dalla	violenza	che	ha	 segnato	 il	 percorso	 di	 queste	 due	 persone.	 In	 questo	 duello	 abbiamo	 deciso	 di	 inserire	 il	 personaggio	 della	 Tenente	 Colonnello,	 Rosa	 Amidei,	 anche	 qui	 apparente	 antagonista	 funzionale	del	nemico	che,	 fallendo,	rivela	la	sua	vera	 funzione	di	aiutante	dell’anti-eroe.	un	 membro	 delle	 forze	 dell’ordine,	 ago	 della	 bilancia	 della	 sfida	 tra	 il	 terrorista	 e	 il	 DJ,	 che	 rappresenta	la	voce	distratta	della	città.	Questa	 duplicità esistenziale	 si	 riflette	 anche	 nelle	 due	 location	 principali:	 la	 radio	 e	 la	 macchina di	Carlo.	La	prima	come	luogo	per	eccellenza	dell’artificio	comunicativo	originario,	 caratterizzato	dai	riflessi	di	due	finestre	di	vetro,	una	che	si	affaccia	sullo	studio	stesso	e	l’altra	 sulla	città.	 Radio	 che	 è,	 ancora,	 luogo	 da	 cui	 fuoriescono	 voci che	 non	 hanno	 un	 corpo	 e	 che,	 come	 fantasmi,	 attraversano	 la	 città riempiendo	 le	 vite	 delle	 persone.	 La	 seconda	 location,	 la	 macchina,	 è un	 vero	 e	 proprio	 proscenio,	 un	 teatro	 di	 finzione,	 in	 cui	 appare	 una	 città in	 movimento.	 Il	pericolo	è nella	 testa	e	negli	occhi	di	chi	racconta	e	ascolta.	Nella	scrittura	abbiamo	 tratto	 ispirazione	sia	da	classici	degli	anni	‘70	- Quinto	Potere	(Network	- 1976),	Quel	Pomeriggio	di	 un	Giorno	da	Cani	(	Dog	Day	Afternoon	- 1975)	- sia	da	moderni	“western”	esistenziali		- “Heat	 - La	 Sfida”	 (1995)	 di	 Michael	 Mann;	 abbiamo	 cercato	 di	 aggiornare	 i	 classici	 introducendo,	 nella	narrazione,	tutte	le	nuove	tecnologie	della	comunicazione	social.	 Il	 film	 è infatti	 strutturato	 come	 un	 lungo	 duello	 western,	 con	 rimandi	 alla	 tradizione	 del	 cinema	di	Howard	Hawks	e	John	Ford.	Lo	scontro	tra	due	personaggi	mediato	dallo	sceriffo	e	 un gruppo	di	personaggi	di	contorno	che	rappresentano	maschere	della	contemporaneità ̀ .	 Il	 montaggio	sarà ̀ fondamentale	nel	creare	gli	spazi	in	cui	 “conversano”	i	personaggi.	Abbiamo	 quindi	pensato	alla	radio	come	ad	un’arena	in	cui	i	personaggi,	anche	se	distanti,	sembrano	 essere	tutti,	comunque,	nello	stesso luogo.	 A	fare	da	cornice	alla	storia,	una	Milano,	centro	nevralgico	ideale	delle	radio	in	Italia,	che	vive	 tra	 il	 passato	 della	 sua	 storia,	 raccontata	 dai	 suoi	 monumenti	 e	 il	 futuro	 raccontato	 dai	 moderni	 orizzonti	 della	 new	 economy	 rappresentata	 da	 i	 nuovi	 grattacieli	 che	 ne	 contraddistinguono	ormai	l’orizzonte.	 Il	Calabrone	èun	progetto	che	vuole	filtrare	il	genere	attraverso	un’ottica	autoriale,	mescolare	 il	 thriller	 con	 il	 racconto	 d’autore,	 e	 personaggi	 complessi	 e	 stratificati	 con	 un	 impianto	 drammaturgico	 di	 matrice	 shakespeariana.	 Il	 Calabrone	 racconta	 di	 un	 mondo	 indissolubilmente	 legato	 alla	 tecnologia	 e	 all’informatica,	 incapace	 di	 comunicare	 senza	 un	 supporto	 artificiale,	 fragile	 e	 quasi	 indifeso	 al	 cospetto	 di	 attacchi	 al	 proprio	 “sistema	 interconnesso”.	
Giacomo Cimini