Note di regia di "La Reliquia"
L’idea di accostare il malcostume e la corruzione italiana a suggestioni esoteriche della nostra cultura mi è nata leggendo gli studi di Ernesto De Martino e vedendo i documentari di Luigi Di Gianni. Se i due però hanno sempre narrato “realisticamente” e scientificamente le pratiche occulte delle classi più povere in cerca di qualche piccolo tornaconto (d’amore, di lavoro o di salute), io invece ho pensato di renderle più “fantastiche” per sfruttarne la potenza allegorica.
Così è nata la figura del piccolo Pasquale Capuano, bambino venduto al Diavolo per un po’ di ricchezza e diventato salvatore “sociale” di Roccalunga, paese conformista e corrotto. Uomini e donne - nell’ombra delle loro stanze, tra una tombolata e l’altra - accettano i benefici del male per avere una vita tranquilla, un lavoretto e un po’ di serenità per sé e i propri figli.
Nessuno sfugge a questa "tradizione”, anzi tutti la richiedono. Tutti tranne Mimmo, vittima inconsapevole e definitiva di un conformismo perverso da cui non c’è scampo. Da questi presupposti mi è sembrata interessante l’idea di presentare questi temi come beffardamente distanti eppure radicati in qualcosa (forse un’entità sovrannaturale?) di ineluttabile e senza tempo. Ho cercato di sfruttare un impianto narrativo di ispirazione melodrammatica anni ’50, anche se con tinte esoteriche. I cattivi quindi sono diventati maschere farsesche, il racconto cinico e derisorio, la messa in scena “antica” e imperfetta; qualcosa tra Ossessione e Il mistero del falco. È questo il contesto narrativo e stilistico in cui ho immaginato la storia. Roccalunga è un paese dove tutti sono nati e vogliono far nascere i figli sotto la protezione di uno spirito diabolico e “utile” al benessere comune. Tutto gestito da volontà politiche, religiose e culturali colluse con le tradizioni del luogo. D’altronde non è forse questa la condizione in cui ci troviamo ogni giorno? Non auspichiamo anche noi che lo spirito di un Pasquale Capuano, in cambio della nostra indolenza, ci regali una vita tranquilla e scevra di giudizi morali?
Paolo Martini