FESTIVAL DI LECCE - Olivier Assayas
Un incontro stampa su Zoom denso e interessante quello con
Olivier Assayas, regista francese premiato a Cannes nel 2016 con la Palma per la miglior regia per “Personal shopper”. Il Festival del Cinema Europeo di Lecce lo ha omaggiato con una retrospettiva dei titoli più significativi della sua filmografia naturalmente disponibili on demand a causa delle nuove restrizioni anti Covid: “Clean”, “Il bambino d’inverno”, “Irma Vep”, “L’eau froide”, “Qualcosa nell’aria” e “Personal shopper”.
“Ho l’impressione che l’oggetto della mia opera è la possibilità di guardare il mondo in modi diversi”, ha spiegato il regista, “da angoli diversi, secondo modalità diverse, ma la realtà è sempre una, la stessa. Io credo di parlare di cose molto semplici che hanno interrogato gli artisti di tutti i tempi: la bellezza del mondo, le relazioni tra individui ma queste cose si ridefiniscono con ogni generazione. Io ho provato a esplorare come ho potuto queste problematiche universali con una certa fede nella rappresentazione della complessità e delle contraddizioni”.
Un modo di fare cinema che è stato influenzato da numerosi autori italiani grazie anche all’amore che il padre di
Olivier Assayas gli ha trasmesso prima di tutto per l’arte pittorica italiana:
“La mia prima e più forte esperienza di cos’è l’arte è stata grazie all’amore di mio padre per la pittura classica italiana, da giovanissimo mi ha fatto vedere e conoscere la storia della pittura italiana. Mio padre era italofrancese, di Milano, era veramente amante della cultura italiana, per me l’arte è Piero della Francesca, Giotto, la luminosità, la profondità e la fede rappresentata da questi artisti in modo trascendentale. Mi sono approcciato a quest’arte giovanissimo e quest’amore è rimasto vivo in me. Per quanto riguarda la mia filmografia sono stato influenzato più da registi italiani che da quelli francesi: le più importanti influenze per me sono state quelle di Pierpaolo Pasolini, Luchino Visconti, Roberto Rossellini e Michelangelo Antonioni. Io sono francese, ho imparato ad amare il cinema con i film di Bergman, Godard, Rohmer, Truffaut ma il mio cuore è sempre stato con il cinema italiano e mi rendo conto che torno sempre a questi grandi maestri protagonisti del cinema italiano degli anni ’60, ‘70 e ’80. Io non vedo abbastanza film italiani contemporanei per poterne dare un giudizio ma penso che Marco Bellocchio sia un grande maestro, stesso discorso per Nanni Moretti che è un regista straordinario ed è stato sempre un’influenza molto forte per me. Sono affascinato anche dal cinema di Dario Argento: il suo primo film che ho visto è stato “Quattro mosche di velluto grigio” che mi ha veramente impressionato, ero un teenager quando l’ho visto. Più tardi, quando mi sono interessato ai film di genere americani, ho capito che molte cose erano ispirate al lavoro straordinario di Dario Argento, penso anche che l’opera di un regista come David Lynch è stata definita in rapporto a Dario Argento. Ho recuperato poi tutta la sua filmografia, un’opera di grande fascino, viscerale e fisica”.
Il regista francese ha annunciato che, oltre a un film che inizierà a girare in primavera ispirato all’isolamento che abbiamo e stiamo vivendo a causa della pandemia, sta anche preparando una serie tv per HBO adattamento del suo film “Irma Vep” che a sua volta è un remake di una serie di film muti di Louis Feuillade “Les Vampires”.
“Quando mi hanno proposto di fare una serie tv" ha aggiunto il regista "sono stato molto contento di accettare perché sarà un modo di tornare in maniera moderna alle origini del seriale. Sono sempre stato interessato alla letteratura popolare della fine del diciannovesimo secolo e degli inizi del ventesimo secolo, dei lavori di scrittori di fantascienza che io leggevo con passione quando ero giovane. È una serie un po’ particolare nel senso che la faccio per HBO che mi dà libertà assoluta, la serie è scritta, diretta e anche prodotto da me, è un progetto ambizioso che è più o meno un film di più di sette ore che non potrei fare per il cinema e la cosa mi spaventa un po’ perché ho l’impressione di aver creato un “mostro” che mi terrà occupato per molto tempo. C’è una dimensione sperimentale perché per me il modello è “Twin Peaks” nel senso di una serie con un’identità estetica e narrativa molto originale e specifica che avrà una connessione molto profonda con il mio lavoro, sarà un’estensione del mio lavoro. La mia sola frustrazione è che non si vedrà sul grande schermo ma chissà!”
08/11/2020, 08:39