TORINO FILM FESTIVAL 38 - Quando L’Italia era il centro dell’arte
Un documentario ricco di fotografie, filmati inediti, interessanti testimonianze di repertorio e recenti dei protagonisti di un periodo irripetibile per l’arte, quello che scoppia di pari passo ai movimenti di protesta politici e civili del ’68 che porteranno a un cambiamento radicale della nostra società. È proprio in questo momento che gli artisti decidono di uscire dalle gallerie e dai musei dando vita a delle opere che riflettono il periodo epocale, le richieste politiche e le rivendicazioni dei diritti civili.
Ilaria Freccia e Ludovico Pratesi riportano alla luce un archivio importantissimo che fa un ritratto non solo dei movimenti artistici dell’epoca ma anche di un’Italia inedita, viva, centro propulsore a livello mondiale di nuove forme artistiche, d’avanguardia: quelle della
Pop Art, delle performance, delle installazioni, degli happening, dell’arte concettuale.
Torino, Roma e Napoli sono le città che ospitano questi fermenti e i protagonisti di questa stagione:
Marina Abramovic, Michelangelo Pistoletto, Andy Warhol, Luigi Ontani, Pino Pascali, Alighiero Boetti, Jannis Kounellis, Joseph Beuys, sono solo alcuni dei nomi che nel documentario vengono raccontati attraverso le immagini e i filmati delle loro opere e anche attraverso le loro stesse parole e quelle di galleristi e collezionisti come
Lia Rumma e Fabio Sargentini che hanno saputo cogliere l’importanza della loro arte.
In circa un’ora e mezza di documentario si evince tutto l’entusiasmo e il clima di quegli anni pieni di incognite ma anche di speranza, di voglia di fare, di creare e sperimentare, un periodo durante il quale le gallerie non sono più solo espositive ma anche performative: il pubblico viene coinvolto e diventa parte delle opere stesse come quella scioccante di Marina Abramovic a Napoli presso la galleria Studio Morra, intitolata “Rhythm 0”, una performance durante la quale diventa lei stessa un oggetto per i visitatori invitati a farle qualsiasi cosa utilizzando degli strumenti messi a disposizione dall’artista serba tra i quali anche una pistola carica. Sono opere provocatorie e spesso non comprensibili fino in fondo per il pubblico ma che conservano tutte un concetto, un’idea, un messaggio politico e di protesta. Tanti anche gli aneddoti divertenti e i filmati mai visti come quelli di
Andy Warhol a passeggio per Napoli o in un ristorante che assaggia per la prima volta una mozzarella.
Un documento importante per conoscere a fondo un periodo stimolante e fondamentale per la cultura, da destinare soprattutto alle nuove generazioni, che fa una panoramica puntuale e accattivante dei numerosi movimenti artistici che hanno cambiato il modo di fare e pensare l’arte. Ma “La rivoluzione siamo noi” rappresenta anche uno spaccato di un’Italia così diversa e lontana da come la conosciamo oggi che porta a fare una riflessione profonda sulla nostra società e sul ruolo attuale dell’arte e della cultura.
25/11/2020, 00:10
Caterina Sabato