Note di regia di "Ho Tutto il Tempo che Vuoi"
Ho tutto il tempo che vuoi è un cortometraggio sul fenomeno sociale denominato “hikikomori”, che sta sempre più diffondendosi tra i giovani e i giovanissimi. Il termine, di origine giapponese, indica la rinuncia a ogni forma di relazione con l’altro. Si tratta di scelte estreme che portano chi soffre di questa sindrome all’auto-esclusione dal mondo, a un vero e proprio ritiro sociale (social withdrawal) per difendersi dalle pressioni che vengono dall’esterno (famiglia, scuola, società).
Il fenomeno in questione è in progressivo aumento, tanto che studi recenti attestano che in Italia il “rischio hikikomori”, aggravatosi durante il lockdown, riguarda oltre un milione di ragazzi e giovani tra i 14 e i 30 anni, spesso iperconessi.
La storia di Ho tutto il tempo che vuoi mette al centro della narrazione il diciassettenne Matteo, che ha deciso da tempo di non andare più a scuola e di vivere recluso nella sua cameretta, passando il tempo al computer. A cercare di aiutarlo interviene Sara, una educatrice chiamata in causa dalla scuola e dai servizi sociali dal momento che la madre non è in grado di affrontare da sola il problema.
La sfida è semplice e complicata allo stesso tempo: Matteo dovrebbe rientrare a scuola entro tre mesi per non perdere di nuovo l’anno scolastico.
L’abilità professionale di Sara ha successo. Dopo una serie di incontri in cui i due si confrontano anche serratamente, Matteo rientra a scuola. Fondamentale si rivela l’aiuto di un compagno di classe appena tornato da un soggiorno di studio all’estero, della cui complicità Sara si avvale di nascosto. Quando Matteo lo scopre, ecco che tutto viene rimesso in discussione. Una inattesa sorpresa e il lavoro che comunque l’educatrice ha saputo svolgere nel tempo con efficacia, potrebbero ancora evitare il fallimento.
Il progetto per la realizzazione di Ho tutto il tempo che vuoi è nato nell’ambito della collaborazione tra la Scuola di cinema e il Coeso Società della Salute di Grosseto, che hanno sentito l’urgenza della messa in scena di questo racconto perché affronta un tema che sta a cuore ad entrambe, ovvero quello del nesso tra ritiro sociale e dipendenze digitali. Le riprese sono avvenute nel febbraio 2020.
La regia del corto, a cura di Francesco Falaschi, si è configurata come un workshop con gli allievi della Scuola di cinema. Anche la sceneggiatura, firmata dallo stesso Falaschi e da Alessio Brizzi, è stata scritta all’interno di un’esperienza laboratoriale dei corsisti della stessa Scuola di Cinema.
Francesco Falaschi