Note di regia di "2020 Documentario d'Emergenza"
È un film che tratta delle prime emozioni che in molti abbiamo provato difronte alla paura e al disorientamento causati dalla quarantena.
Ad alcuni amici ho chiesto il racconto del proprio vissuto che mi hanno inviato attraverso file audio.
La difficoltà del progetto risiedeva nel cercare di individuare, nel contenuto di tutte le voci raccolte, il protagonista della narrazione. Ci siamo accorti, io e Marco Dragonetti, il montatore, che quell'insieme di racconti rappresentava i dubbi, le paure e le emozioni di tutti noi, come se fossero i pensieri della città stessa. Una volta capito che il protagonista era la città di Milano, allora abbiamo intuito che il modo per raccontare questa storia era mostrare lo scorrere del tempo tramite la ripetizione delle giornate nel suo fluire dal giorno alla notte. La stessa ripetitività che tutti abbiamo sperimentato durante i giorni di incertezza della quarantena. Le immagini così diventavano un veicolo su cui appoggiare il contenuto delle testimonianze audio.
Dal punto di vista del montaggio, abbiamo cercato di distribuire le testimonianze più commoventi e quelle più razionali in modo da creare delle curve emotive che trasmettessero le emozioni altalenanti di quel periodo. Chiaramente anche la struttura narrativa ha sottolineato questo continuo passare dalla paura alla razionalizzazione, attraverso il ritmo del montaggio, passando da momenti concitati a pause di meditazione o di respiro in cui hanno trovato spazio i suoni della natura. In particolar modo il cinguettio degli uccelli acquista un valore simbolico del tanto discusso ritorno della natura nelle grandi città silenziose.
Le musiche sono state scelte, in alcuni casi, come sottolineatura emotiva del contenuto delle testimonianze, mentre in altri in maniera dissonante rispetto alle voci. Infatti, alcuni dei racconti più positivi lasciavano spesso trasparire una nota malinconica. Un'esigenza di superamento del dolore che era razionale ma a cui la musica ha riattribuito un valore istintivo. In altri momenti la musica stessa diventava testimonianza supportata dalle immagini liriche della città deserta.
Ho potuto girare in una Milano livida e in parte spettrale purtroppo solo in alcune zone concesse dal Prefetto, erano giorni difficili anche dal punto della sicurezza, ho fermato le mie emozioni e quelledei partecipanti perché ero consapevole del fatto che avremmo velocemente superato e dimenticato quei momenti.
Non ci sono morti o bare, non ci sono sale di rianimazione ma c'è uno spaccato umano di alcune persone durante la quarantena, persone che rappresentano un ampio trasversale spettro sia sociale che culturale di questa città.
Mariavaleria Grandi