Note di regia di "Come Niente"
Come Niente è il mio primo film e insieme anche una profonda sfida. La storia era già stata immaginata e scritta da una giovane sceneggiatrice, Giulia Betti, e io l'ho interpretata, ci sono entrato dentro, l'ho vissuta e ripensata, cercando di lasciare la mia impronta. Nel mio percorso formativo ho imparato a non pretendere di piacere a tutti, è ovvio che non è possibile, ma a lasciare il segno, a essere riconoscibile, questo sì. Così, in una commedia dove si ride e si piange, ho inserito alcuni elementi che caratterizzano la mia filmografia, il mio stile: dal camera look della protagonista, al passaggio repentino da primissimi piani a campi lunghissimi. Dai personaggi onirici che rimandano al sogno, ai silenzi e agli sguardi padroni dell’azione per via del mio amore per il cinema muto. Dalla forte presenza della natura e della musica da cui non riesco a separarmi. Dalla prima e dall’ultima inquadratura corrispondenti per contenuto ma contrapposte per significato, e dal finale aperto come omaggio all’interpretazione della vita stessa. L’elemento della storia a cui mi sono affidato per la direzione è la diversità; non la diversità vista come poli opposti in contrasto tra loro ma diversità come fonte inesauribile di ricchezza. Troviamo questo elemento nei movimenti di macchina diversificati, dai vari generi musicali che compongo la colonna sonora, e dai vari attacchi di montaggio a volte inusuali per una commedia drammatica. I movimenti di macchina sono caratterizzati da frequenti piani sequenza che incarnano il movimento in ogni suo aspetto, positivo e negativo, dal movimento del terremoto, al movimento burrascoso dei sentimenti all’interno della famiglia. Ma anche un significato positivo dell’eterno movimento alla ricerca dell’equilibrio che incarna la volontà di continuare a vivere e trovare una soluzione. Inoltre in alcune scene, ad esempio quando Franco e Caterina incontrano il vicino di casa e quando Franco e Guido sono distesi sul letto, la macchina da presa si comporta come un essere pensante, che gioca con gli attori e che decide cosa inquadrare indipendentemente dalle aspettative dello spettatore. Per la fotografia abbiamo scelto un filtro pro-mist per creare uno spazio tra sogno e realtà, un luogo sospeso tra il presente e il passato, tra la tragedia del terremoto e la rinascita: una crisalide. Altro punto di riferimento è stato l’uso intenso dei piani di ascolto nei dialoghi: mentre parla un personaggio la macchina coglie il punto di vista dell’ascoltatore che comunica il suo sottotesto con lo sguardo, mentre le parole dell’interlocutore sostituiscono la musica nel cinema muto. Ho scelto questa tecnica per raccontare soprattutto il non detto: questa famiglia è in crisi perché non ha saputo comunicare. Anche la colonna sonora celebra la bellezza della diversità con brani di generi diversi che si legano tra loro con la stessa armonia dell’arcobaleno. Generi diversi che caratterizzano i personaggi come abiti cuciti su misura, legati tra loro da un ricorrente sottofondo onirico, che altro non è che lo spirito di Pievebovigliana, il paese nel quale di svolgono i fatti.
Le Sae, situazioni abitative in emergenza, non vengono mostrate come una cartolina ma, mostrandole sempre sullo sfondo intervengono silenziose ma imponenti, mantenendo la dignità dei terremotati che, malgrado la tragedia di aver perso tutto, non hanno perso la loro dignità e continuano a vivere la loro vita tra sogni e speranze. Colore ricorrente nel film è il rosso: rosso come il sangue che pulsa, come la vita che grida e che non vuole arrendersi in un paese colpito dal terremoto e che vuole sentirsi vivo, rispettato e parte di una comunità. Alcune scene sono ispirate a opere d'arte pittorica: la prima volta che Caterina incontra la donna con il parasole lungo la strada di campagna è ispirata al dipinto La donna con il parasole di Claude Monet, la posa finale nella scena di Greta e Caterina distese sul letto in pieno giorno fa riferimento agli Angioletti di Raffaello Sanzio, la scena in cui Franco chiama il falco sulla cima del monte cita il Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich. Come Niente Copyright 2021 - Guasco Srl Cinema Editoria Comunicazione Nei miei lavori la figura femminile ha sempre un ruolo di rilievo. In Come niente Greta e Caterina sono due giovani protagoniste che rappresentano la donna di oggi, una donna libera, indipendente, che trova sempre più rilievo nella vita reale e nel cinema. Due donne che non hanno paura di essere sé stesse e di piacere. In loro “contrapposizione” troviamo tre delle tante figure femminili stereotipate dal cinema e dalla cultura: Ines, la mamma, l’isterica, la pazza, la malata di mente, la donna con la scopa che ricorda la strega, la zitella, da temere in apparenza ma solo perché disegnata così, la donna con il parasole che altro non è che la visione obsoleta della donna vista o come santa o come prostituta, senza via di mezzo.
Queste tre figure incarnano l’immagine della donna rappresentata fino ad ora nel cinema, e a un certo punto del film se ne vanno dignitosamente a testa bassa, con malinconia, portandosi via un’immagine del passato per lasciare il posto a nuove figure femminili. Un addio in rispettoso silenzio per le emozioni che comunque ci hanno regalato in questo secolo di cinema. Nel film, benché si chiuda il cerchio della storia principale, lascio uno spiraglio aperto per stimolare lo spettatore così che ogni persona, in base al proprio vissuto, dia una propria interpretazione, a dimostrazione di quanto siamo diversi gli uni dagli altri. Del resto anche alcuni personaggi escono di scena lasciando lo spettatore con tante domande. I miei personaggi aperti sono sempre presenti e pronti a stimolare lo spettatore, a farlo sognare, in modo che guardi il film in maniera attiva ma soprattutto in modo che si ponga delle domande, domande a cui non c’è mai una risposta unica e definitiva. In Come niente troviamo l’esempio nelle due figure femminili di donna con la scopa e donna con il parasole che appaiono allo spettatore con gli stessi effetti di un sogno: libera interpretazione. La prima e l’ultima inquadratura aprono e chiudono il cerchio con due inquadrature simili per forma ma opposte per contenuto: dalla chiamata iniziale che annuncia il tragico allontanamento della mamma, fino alla chiamata che riporta la mamma alle sue figlie. Due inquadrature speculari di un nuovo inizio, un cerchio che si chiude ma che si rinnova. Come la vita.
Davide Como