Note di regia di "Non Ci Vede Nessuno. La Societa' della Cura"
Anni fa, uno studente chiese all’antropologa Margaret Mead quale riteneva fosse il primo segno di civiltà in una cultura. Lo studente si aspettava che Mead parlasse di ami, pentole di terracotta o macine di pietra. Ma non fu così. Mead disse che il primo segno di civiltà in una cultura antica era un femore rotto e poi guarito. Spiegò che nel regno animale, se ti rompi una gamba, muori. Non puoi scappare dal pericolo, andare al fiume a bere o cercare del cibo. Sei carne per bestie predatrici che si aggirano intorno a te. Nessun animale sopravvive a una gamba rotta abbastanza a lungo perché l’osso guarisca. Un femore rotto che è guarito è la prova che qualcuno si è preso il tempo di stare con colui che è caduto, ne ha bendato la ferita, lo ha portato in un luogo sicuro e lo ha aiutato a riprendersi.»
Mead disse che aiutare qualcun altro nelle difficoltà è il punto preciso in cui la civiltà inizia. Noi siamo al nostro meglio quando serviamo gli altri. Essere civili è questo.»
Quando nei mesi del primo lockdown abbiamo proposto di fare un film alle tante realtà sociali che in questo non/paese, lungo e stretto, si erano attivate a costruire reti di mutuo soccorso riflettevamo proprio su quanto sopra: in momenti difficili teoria ed ideologie finalmente si trasformano in pratica di base.
L’alternativa prende forma, si sperimenta e costruisce modelli di nuova collettività.
Cecco Bellosi – in un’intervista riportata nel film – cita Bertolt Brecht in Me-ti. Libro delle Svolte: «[…] ‘la posizione dei medici si rivela nel modo più chiaro in guerra essi non possono far nulla per impedirla in guerra possono soltanto rappezzare le membra sfracellate’ e nelle nostre città la guerra c’è sempre. Noi dobbiamo diventare medici che combattono la guerra e cambiano le città e con esse la società; limitarci a rappezzare le membra sfracellate significa diventare complici del potere.
Maurizio Gibo Gibertini