Note di sceneggiatura di "Chiamami Ancora Amore"


Note di sceneggiatura di
Dovrei mettere una telecamera nascosta qua dentro» pensai un giorno. Qua dentro era la cameretta di mia figlia, che aveva poco più di un anno. Ciò che volevo spiare era il comportamento della mia compagna, sua madre, per capire se sapeva giocare con lei. Fu un pensiero fugace, di cui mi vergognai un attimo dopo averlo formulato, ma era l’evidente frutto della difficoltà che stavamo vivendo, sopraffatti dalla stanchezza, dalla mancanza di sonno, dalle insicurezze di entrambi. Eravamo maldestramente alle prese con una complessità nata insieme a nostra figlia nell’istante stesso in cui le forbici stondate dell’ostetrica aveva reciso il suo cordone ombelicale. Quelle forbici a forma di scimitarra non avevano separato la madre e la neonata, che continuarono per mesi a essere un unico corpo. Separavano invece gli amanti. Noi due dovevamo fare spazio, nel mezzo, a una terza persona, che ci avrebbe definito per sempre come genitori e che ci avrebbe costretto a ridisegnare il nostro rapporto. Chiamami ancora amore nasce dal desiderio di raccontare quel passaggio delicato, che a volte dura settimane e a volte anni, ma che qualsiasi coppia con figli ha attraversato. È un momento di trasformazione e di conflitto. È il punto di convergenza di due storie famigliari, di due diverse educazioni, di due separati bisogni di affermazione e riparazione. È il momento in cui ci ritroviamo inaspettatamente a rimproverare all’altro di essere come suo padre o sua madre. È una prova che ci obbliga a rifondare il patto amoroso o a distruggerlo. Anna ed Enrico, i nostri protagonisti, hanno deciso di distruggerlo. Di più: hanno deciso di distruggersi.

Giacomo Bendotti

23/04/2021, 13:00