Note di regia di "Tutti per Uma"
La fiaba irrompe nella realtà di una famiglia composta da soli uomini, tre generazioni sotto lo stesso tetto. L’arrivo di una principessa catapultata in questo mondo capovolgerà questa stramba famiglia, portando una ventata di gioia e fantasia, e proprio grazie a quest’ultima le difficoltà verranno superate dai nostri protagonisti. È un film corale ma narrato dal nipote, un po' come in “ET” in cui l’arrivo di un extraterrestre in una famiglia “terrena” viene raccontato dal punto di vista del figlio più sensibile. Come in tutte le fiabe che si rispettino, c’è un dolore che il nostro protagonista deve riuscire a superare insieme alla sua famiglia: la perdita della propria mamma. È questa la paura più grande per piccoli e grandi, spettatori compresi, che entreranno in empatia con i bambini della storia e insieme supereranno le paure e il dolore, ritrovando la forza di credere in se stessi. Questo è il compito di una fiaba, superare la paura e spiccare il volo per vivere, ma questo non è un argomento che tocca solo i bambini, anzi. Il mio obbiettivo è proprio quello di far immedesimare tutti coloro che vedranno questo film insieme ai loro figli. Credo che il ruolo degli adulti sia fondamentale. È un film veramente per tutta la famiglia. Nella nostra storia troviamo una principessa atipica, una principessa che non vuole stare ad aspettare il suo principe azzurro, perché lo vuole scegliere, perché è lei l’artefice della sua vita, mentre nelle fiabe classiche spesso la principessa o dorme aspettando il principe o è rinchiusa e viene liberata. Qui invece sarà lei ad aiutare questi uomini, imparando allo stesso tempo ad amare se stessa per poter amare gli altri. Agli occhi degli altri membri della famiglia verrà nascosta la sua vera identità, cambiando addirittura il suo nome - troppo lungo e difficile da pronunciare - in Uma. Lei, così bella che sembra la sua attrice preferita, Uma Thurman. Il protagonista e il fratellino più piccolo sono in balia di un padre troppo intento al suo lavoro di apicoltore, che si nasconde volentieri dietro quella tuta da astronauta, forse proprio per non sentire la nostalgia di sua moglie, e cerca di adempiere ai compiti di una mamma… senza riuscirci. È un simpatico pasticcione, come lo zio che vive nella sua stanza senza curarsi del mondo che c’è al di fuori. Ma il vero re di questa casa di maschi è il nonno, un imprenditore in crisi che cerca di portare avanti la sua azienda vinicola a tutti i costi. E come in ogni storia che si rispetti c’è la famiglia “nemica”, quelli che cercano di rovinarti per avere la meglio, banchieri che tengono sotto scacco il povero nonno mentre i nipoti si sfidano a colpi di danza per questa famosa gara di ballo che li vedrà concorrere. La musica ha un aspetto centrale, è lo strumento più forte per emozionare e trasportare lo spettatore all’interno della storia. La musica è memoria comune e un brano musicale può in brevissimo tempo far ricordare a tutto il pubblico la stessa cosa, più delle immagini. Il nostro piccolo narratore vuole ballare, e questo diventa un motivo in più per “sentire” questo film e non solo guardarlo. I miei riferimenti di regia sono legati all’immaginario dei celebri film family anni ‘80-‘90 che mi hanno appassionato e portato a lavorare per anni nel teatro per ragazzi, dove la finzione si mescola alla realtà, trovando un equilibrio in cui lo spettatore viene trasportato, senza notare la differenza né tanto meno senza giudicare se quello che vede è vero o falso. Come cornice a questa storia abbiamo il verde dei filari delle viti e il rosso dei tramonti che hanno i riflessi dell’uva matura, sono questi i colori che immagino per la parte “reale”. Il giallo oro, il luccichio e l’azzurro sono i colori “del mondo fantastico” della principessa. L’Austria diviene la cornice perfetta in cui raccontare la poesia della fantasia, non è un caso che il castello di Disney esista davvero e si trovi proprio in Austria (cit. castello di Neuschwanstein). Le mie origini sono in Trentino ma la mia formazione cinematografica è romana, un connubio che vorrei portare in questo progetto. Ci tengo a precisare che per me la fantasia non è un cartone animato né tantomeno una cosa finta, anzi, per citare Dante e Italo Calvino: “La fantasia è un posto dove ci piove dentro”. Si deve raccontare con la semplicità, senza effetti speciali se non per cose piccolissime, perché a volte la fantasia può anche essere cattivella per strapparti un sorriso. Come gusto estetico, questo film è decisamente contemporaneo ma con un retrogusto anni ‘80-’90. Alle tute da ginnastica o alla felpa con il cappuccio rosso con cui il nostro protagonista sfreccia in bici tra i filari della vigna, si contrappone la Crew, che nel linguaggio moderno identifica un gruppo di ragazzi che ballano insieme. È una cosa che noi chiamavamo in maniera diversa ma che ha lo stesso concetto di “amicizia”, proprio come nei “Goonies”, in cui il gioco di squadra ti fa vincere. Il finale mi riporta inevitabilmente al finale di “Little Miss Sunshine” e “Captain Fantastic”, in cui il ballo diviene un rito liberatorio di gioia e vittoria sulla vita.
Susy Laude