Note di regia di "Security"
Peter Chelsom è un acclamato regista e scrittore internazionale di origini britanniche.
Il suo lavoro è difficile da classificare, nel corso della sua carriera ha abbracciato diversi generi cinematografici da “Serendipity” a “Shall We Dance” a “Hector and the Search of Happiness” fino al successo Disney “Hannah Montana: The Movie”. Ora un thriller: SECURITY. Ma per Peter Chelsom il lavoro non cambia. “Si tratta sempre di scrivere e dirigere. Non è come se indossassi un cappello diverso a seconda che diriga un thriller o una commedia romantica. Provo a rendere i film accattivanti, cinematografici. Ognuno di essi ha la propria realtà. Io mi innamoro di una storia, lavoro in modo ossessivo per ottenere il meglio. Provo a ricreare un mondo diverso ogni volta con una mente molto aperta. E ogni singola volta non vuole essere il mondo che noi conosciamo, ma piuttosto il mondo in cui speriamo o quello che temiamo, dipende dal soggetto. Una specie di sogno, suppongo, dal quale ti svegli come una persona leggermente diversa. Una storia di redenzione. Vorrei ogni volta regalare una speranza – penso che sia questo ciò che lega tutti i miei film”.
Peter Chelsom è noto soprattutto per i film realizzati a Hollywood, ma da sempre sostiene di avere una sensibilità principalmente europea. “Hollywood ama categorizzare il talento. Dopo un po’ mi sono accorto che questo era diventato un peso e così ho cominciato a desiderare di tornare in Europa, dove avrei potuto dedicarmi al mio lavoro più liberamente.
In passato, sono stato definito eccentrico, ma per me significa semplicemente ‘essere libero’.
Pochi anni fa, mi è stato chiesto di dirigere una sezione di apertura di BERLIN, I LOVE YOU.
È stato incredibilmente rigenerante. Essere tornato in Europa mi ha fatto sentire libero e così ho deciso che avrei dovuto fare un film italiano”.
Peter Chelsom ha una casa in Italia da circa venti anni, ma il tempo che vi trascorre è sempre troppo poco. “I cinici a Los Angeles mi chiedevano: ‘Ah, ma quanto spesso vai nella tua casa in Italia?’ E la mia risposta è sempre stata: ‘Circa cinque volte al giorno’. Significa che nella mia testa sono sempre stato lì, ho sempre trovato conforto nel rifugio che la mia casa rappresenta, consapevole del fatto che essa sia l’esatto opposto della vita a Hollywood!.
Posso dire onestamente che nella mia vita c’è stato un momento di premonizione che mi ha portato a realizzare un’opera italiana. Stavo per girare un film per Fox Studios, ma improvvisamente saltò. Il giorno successivo mi trovavo su un volo Alitalia a guardare (e godermi) una puntata di “Montalbano” di due ore e mi così sono visto dirigere in Italia. È stato un caso di ‘ora o mai più’. Il destino aveva appena creato un’opportunità per poter fare quella scelta. Nel momento in cui sono atterrato, ho chiamato il produttore Marco Cohen e nel giro di un mese mi ha inviato il romanzo di SECURITY. Io ero già un fan de IL CAPITALE UMANO. La mia co-sceneggiatrice, Tinker Lindsay, e io abbiamo letto il libro e la decisione è stata automatica: volevamo adattarlo”.
Il produttore, Marco Cohen, suggerì Forte Dei Marmi come ambientazione per SECURITY. “Un’idea geniale - sottolinea Peter Chelsom -. Questa era la storia di una piccola ed elitaria comunità. La città doveva essere una sorta di microcosmo, isolato dal mondo esterno e gli uni dagli altri. Ovviamente, la storia è completamente inventata e il fatto che Forte Dei Marmi sembri il posto più sicuro del mondo, dove non succede molto d’inverno, funzionava benissimo per un thriller. Abbiamo girato il film poco prima del primo lockdown. Durante il montaggio, mi sono reso conto che la nostra storia davvero trattava il tema dell’isolamento all’interno di una comunità. Alla fine del film, abbiamo scritto che le persone uscivano dalle loro case e alcuni di loro incontravano per la prima volta i loro vicini. Come Marco D’Amore dice nel film “è triste quanto una comunità si unisce solo in tempi di tragedia”. In qualche modo questo era diventato ancora più rilevante dopo il Covid. Avevo girato immagini di persone che stringono le mani a vicini che non avevano mai incontrato prima. Ovviamente, l’Italia non è così e questa è un’analogia di una storia, ma questo ha aggiunto potere al finale. Nessuno si merita il distanziamento sociale meno dell’Italia! Per loro è proprio una disgrazia! E soprattutto, io conoscevo già Forte Dei Marmi. La mia casa è a meno di un’ora da lì. Così mi sono trovato a scrivere di luoghi davvero specifici, strade, bar, spiagge. La cosa più strana è stata conoscere la città meglio della mia squadra italiana (anche se mi sono completamente perso a Roma)”.
Circa dodici anni fa, la città di Fivizzano ha nominato Peter Chelsom Cittadino Onorario. “È il premio più importante di tutta la mia carriera, probabilmente perché non si tratta del mio lavoro, ma di aver avuto il privilegio di venir integrato all’interno di una piccola comunità italiana. Ho insistito per far apparire i cittadini di Fivizzano nel film anche in piccoli ruoli e come extra. Nella sceneggiatura abbiamo quindi nominato i personaggi con i nomi di persone vere di Fivizzano. È infatti presente un Enzo Caribiniere, c’è un’Angela, c’è un Volmaro, c’è una Letizia. La cosa divertente è che durante il montaggio mi sono ritrovato a prendere decisioni riguardo a cosa tagliare dal film in base a quanti guai mi avrebbe creato con i cittadini di Fivizzano. Se c’era qualcuno della cittadina nella folla, la scena non poteva essere tagliata! In parte sto scherzando, ma devo dire che è stato un vero piacere poterli ripagare per la loro gentilezza nei miei confronti”.
Il sindaco di Fivizzano, Paolo Grassi, che ha nominato Peter Cittadino Onorario, è stata la prima persona a morire di Covid a marzo 2020. È stata una notizia devastante per tutti. Peter voleva essere certo che alla fine del film ci fosse una dedica: “In memoria di Paolo Grassi, sindaco di Fivizzano”. Chelsom parla italiano, ma all’inizio credeva che dirigere un intero film in questa lingua fosse complicato. “Parlo italiano, ma dopo un po’ realizzi che c’è un’altra lingua che condividi, la lingua della produzione cinematografica. Tutto sembra funzionare nello stesso modo. Io amo follemente lavorare con la mia squadra italiana, anche se non riesco ancora a credere a quanto presto tutti smettano di lavorare, alle 17:30 e alle 14:30 di sabato. In America sarebbe impensabile! Gli americani lavorano troppo duramente, tutto è all’eccesso. Ma gli italiani hanno una vita. Amano cenare, adorano godersi la serata e rilassarsi. Mi sono abituato a tutto questo molto velocemente e probabilmente ho mangiato in ogni singolo ristorante a Forte Dei Marmi almeno una volta! Inoltre, è l’unico film che ho mai fatto dove l’intera storia è ambientata in un unico posto ed è effettivamente girata in quell’unico posto. Alcune mattine andavo a lavorare a piedi, che lusso!”
Peter Chelsom ha iniziato la sua carriera come attore, recitando in ruoli principali all’interno della Royal Shakespeare Company, la Royal National Theatre e la Royal Court Theatre – tutte prima di compiere 30 anni. Poi, improvvisamente, ha abbandonato la recitazione. È considerato un “direttore di attori”. Ma qui in Italia era così diverso il modo in cui gli attori lavorano? “Ho avuto la fortuna di lavorare con i migliori a Hollywood e posso dire che il mio intero cast italiano è stato il migliore che io abbia mai avuto. Tutti sono stati davvero straordinari. Inoltre, la buona recitazione è la buona recitazione, a prescindere dalla lingua o dal Paese. Credo che fossero tutti molto contenti del fatto che fossi il tipo di regista a cui piace provare in anticipo. Anche se a volte potevo vedere la loro sorpresa di quanto spesso NON li dirigessi sul set. Come regista devi sapere quando NON dirigere un attore. La mia opinione è che se hai gli attori del livello del mio cast in SECURITY, dovresti creare uno spazio sicuro in cui farli sentire liberi di recitare, di volare. Io credo che se riempi le loro teste con troppi pensieri sul set, può sembrare che tu stia puntando al lavoro e non alla storia. Diventa autoconsapevole, ‘tecnico’ e la recitazione diventa ‘visibile’. Per questa ragione mi piace fare le prove settimane prima. In quelle occasioni parliamo molto di tutto e, si spera, tutto ‘fermenti’ così che loro ‘convivano con il personaggio’ per alcune settimane prima di entrare sul set. Sono incredibilmente orgoglioso dell'intero cast di SECURITY. È una delle recitazioni più autentiche che io abbia mai visto. Un’ultima cosa. Spesso dico che l’atmosfera è la cosa più importante su un set. Come regista, parte del tuo lavoro è essere l'ospite di una festa molto, molto lunga. Il tuo lavoro è prenderti cura di tutti, creare un ambiente in cui le persone possano sentirsi sicure, specialmente gli attori. Quindi, per questo motivo, la mia vita è stata resa molto più semplice avendo Marco D'Amore come nostro protagonista. Non è solo un attore molto bravo, ma si comporta come un vero amico sul set. Un amico di tutti. Sempre disponibile, sempre generoso. È stato un vero piacere”.
Peter Chelsom è stato un fotografo per tutta la sua vita. Crede che questo contribuisca a dare un aspetto ‘caratteristico’ ai suoi film? Quanto la sua fotografia influenza la sua regia? “Appena prima che morisse, mio padre mi regalò una fotocamera Kodak Retinette 1B per il mio tredicesimo compleanno. Fu come se fosse la sua eredità, come se mi stesse indicando la strada. All'improvviso tutto quello che guardavo diventò una fotografia. Sono tutt’ora ossessionato dalla fotografia come lo ero quando ero ragazzo. Alimenta la mia regia cinematografica. La mia fotografia ha un'enorme influenza sui miei film. Come regista, penso che il mio lavoro sia mescolare l'umanità con la fotografia. La prova per me stesso è sempre: la fotografia della scena, il singolo fotogramma, racconta una storia per immagini prima che qualcuno abbia iniziato a recitare, prima che iniziamo a scattare? Se è così, aggiungiamo il bonus di buone prestazioni. È quasi come se gli attori non dovessero spingere, se la fotografia ci stesse già commuovendo. A volte i film sono come fotografie che si muovono. E questa è una buona cosa. Molti mesi prima di girare a Forte Dei Marmi, mi sono ritrovato a fotografarla, sapendo che quelle foto si sarebbero tradotte in pellicola”.