Note di regia di "Boys"
BOYS è una storia di amicizia e di relazioni personali. Che, con la crisi di tutto quello che è possibile entrasse in crisi, è quanto di buono ci è rimasto. Sentirsi parte di un gruppo (in questo caso una rock band, per quanto agée) è ancora qualcosa che ci regala la grazia di un posto nel mondo. Tanto più se queste amicizie sono di antica data e collegano il passato al presente e se il destino le sottopone a prove che ne testano la sincerità e il valore. I personaggi del film appartengono a una generazione (la mia, in effetti...) che non ha mai immaginato di invecchiare davvero. E invece il tempo non fa sconti a nessuno. Ma pur dovendo ciascuno affrontare una sorta di “prova di passaggio”, scopri- ranno che la vita può tenere in serbo soddisfazioni imprevedibili in tutti i momenti. Da questo punto di vista sono essenziali i rapporti con le donne e con i personaggi più giovani. È solo con il loro con- fronto e con il loro intervento che Joe, Carlo, Bobo e Giacomo “diventano grandi”. Essere sessantenni oggi è strano, perché non ci si sente vecchi. Ma in questo c’è un pericolo: conti- nuare a credersi giovani. Io penso invece che non dovremmo rincorrere chi ha meno anni di noi. Dovremmo essere fedeli a noistessi e al nostro passato. Il che non significa rimpiangerlo con nostal- gia, ma esserne dei testimoni sinceri, nel bene e nel male. Nella loro semplicità è quello che fanno i nostri Boys. Con un linguaggio capace, quello sì, di attraversare le generazioni: il rock. Il genere più adatto per raccontare questa storia è naturalmente la commedia, mescolata a elementi di road movie. Una commedia intesa non come pura macchina di produzione di situazioni comiche, ma come un genere capace di divertire, emozionare e far riflettere.
Davide Ferrario