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Note di regia di "Spin Time, che Fatica la Democrazia!"


Note di regia di
La decisione di fare questo film viene da un’ispirazione quasi comica per quanto è stata improvvisa e intensa, subito dopo aver conosciuto il lavoro teatrale di una regista greca, Christina Zoniuo, docente di teatro sociale all’Università del Peloponneso E subito dopo il clamoroso gesto di disobbedienza civile dell’Elemosiniere del Papa, il Cardinale Conrad che nel 2019 riattaccò la corrente a un palazzo occupato da 180 famiglie di indigenti.
Questo film non vuole suscitare il senso di colpa nello spettatore. Non vuole denunciare né svelare verità nascoste. Se c’è una verità che si può trovare, somiglia a quella sensazione di tiepidezza, che chiamiamo simpatia umana.
I bambini che aprono e chiudono il racconto non sono lì per impietosirci, ma per proteggerci dai giudizi meschini.
Uno slogan per pubblicizzare Spin Time potrebbe essere “i poveri come non li avete mai visti”.  La voce narrante, molto personale, porta lo spettatore a fare un’esperienza simile a quella dell’autrice, che nel realizzarlo ha visto dissolversi molti dei suoi pregiudizi.
I 450 occupanti di Santa Croce, che all’inizio percepiamo come una massa infelice e aliena, diventano sempre più simili a noi. Una realtà parallela che ci ricorda il nostro condominio o il parlamento.
 Il mondo degli invisibili, quelli colpiti dalla sventura che scansiamo come se potesse essere contagiosa, qui non si presentano come vittime, ma nel tentativo encomiabile per quanto spesso fallimentare, di vivere in modo dignitoso, riconoscendosi come soggetto politico e capace di esprimere una propria cultura.
 E il tema principale del film riguarda proprio la funzione della cultura in una democrazia.
 È stato il palazzo stesso a suggerire molte riflessioni, con la sua insolita struttura a doppia pianta trapezoidale, con le sue geometrie e prospettive suggestive.
Nato come sede dell’Ipdap, istituto previdenziale poi dismesso, privatizzato con le cartolarizzazioni, oggi ospita dei senzatetto come perseguisse una vocazione alla solidarietà.
In uno degli ingressi campeggia un enorme quanto opprimente bassorilievo in bronzo finanziato col la legge dei tempi del fascio, detta del 2%. Sono rimasta a lungo ad osservarlo perplessa, domandami cosa voleva rappresentare l’artista, finché il Bassorilievo non ha cominciato a parlare davanti alla telecamera. Allora ho preso il canovaccio della sceneggiatura che avevo preparato, e l’ho buttato nel secchio.

Sabina Guzzanti