Note di regia di "La Scuola Cattolica"
Trovare un modo per osservare con il necessario distacco questa storia su cui aleggia, inesorabile, l’omicidio del Circeo, un racconto che lentamente si trasforma in dramma e poi in un incubo che ha segnato molti dei nostri ricordi, è stata per me la vera sfida da affrontare quando ho cominciato a lavorare a questo film.
Non ho voluto spettacolarizzare quella violenza, l’obiettivo era seguire il fluire del viaggio dalla città verso il mare, con il desiderio che la storia potesse avere un finale diverso. Volevo investire emotivamente su quella speranza proponendo una lettura dei fatti, in sintonia con il libro di Edoardo Albinati da cui è tratto il film, che vuole ampliare il più possibile la responsabilità di quel che è successo, anche al di là di quella innegabile dei tre autori del delitto.
In sceneggiatura abbiamo trasformato le parole dello scrittore in voce narrante, sostenendo l’idea di un racconto collettivo dove tutti i personaggi ruotano attorno a un unico asse rappresentato dalla loro scuola, il loro quartiere, la loro classe sociale.
In fase di ripresa ho cercato di seguire con cura i protagonisti, ho ascoltato più che guardato ciò che riprendevo. Sono stato molto in scena, al fianco della macchina da presa piuttosto che dietro, e l’ho tenuta spesso in mano per prendere appunti su azioni che sono nate spontaneamente e che non avevo previsto. La scuola cattolica è veramente un film + collettivo, è stato un lavoro molto condiviso e interpretato da tutti, davanti e dietro la macchina da presa, al di là del monitor.
Non sarebbe stato possibile realizzare questo film senza la collaborazione di un gruppo di giovani attori che si sono prestati a un racconto forte, capendo la riflessione sulla violenza che volevamo fare. Essenziale è stato il generoso contributo di attori di esperienza, di cui ho potuto giovare, approfittando della loro amicizia, e che ha dato vita a un confronto tra generazioni che mi ha molto affascinato.
Al processo, i due autori del delitto che sono stati arrestati (il terzo ha vissuto tutta la vita da latitante) hanno dato motivazioni vaghe, deliranti: “Lo abbiamo fatto perché era arrivato il momento di dare un segnale.” “Dovevamo far capire che eravamo ancora vivi.” “Non potevamo starcene con le mani in mano.” Ho pensato spesso a queste frasi, durante le riprese, ma per la ragione opposta a quella degli assassini. Penso che il cinema sia un’arte straordinaria perché può aiutare a evadere, a immaginare la storia in altro modo, a riflettere su quello che è accaduto o a tenere alta l’attenzione.
Spero che La scuola cattolica riesca in questo intento. Per me è stato così.
Stefano Mordini