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Note di regia di "Luna Piena"


Note di regia di
"Luna Piena" nasce da un bisogno intimo di dar ordine e senso alle cose in un momento di grande confusione quale la quarantena di Marzo 2020. Nel bel mezzo delle riprese di un film che stavamo girando in Calabria è scoppiato l’impensabile: la pandemia. Tutto si è fermato, la troupe se n’è andata via finché le era possibile, i luoghi si sono congelati e le cose sono rimaste sospese. Poi un’eterna e angosciante calma, l’attesa dell’ignoto. In quel periodo, penso che ognuno di noi sia stato obbligato a confrontarsi con se stesso e a dare un ordine completamente nuovo alle sue priorità.
Lina, il personaggio principale di Luna Piena, si trova nella stessa condizione. All’inizio la vediamo, come donna e come attrice, completamente assorbita da una vita che è dipendente e in balia di ciò che è scritto per lei e di ciò che la gente si aspetta da lei.
Lea è la figura che dà ordine e direzione alla sua vita e a cui Lina delega qualunque decisione.
Poi d’improvviso tutto si ferma, la gente scompare, il tempo diventa muto, avvolto dal silenzio, senza ritmi o scadenze. Gli oggetti sono abbandonati a se stessi, come se non servissero più da mediazione fra le attività degli umani. La presenza della tecnologia è spettrale, senza più vita perché non più usata e Lina ha solo Lina a cui rendere conto.
Come una bambina che deve imparare tutto di nuovo, il suo stato d’ansia cresce lentamente, non può più delegare a Lea alcuna decisione ed è costretta ad ammettere la paura e a concedersi ad essa.
Solo l’eco delle campanelle suggerisce una direzione da seguire seppur ignota ed angosciante. Ma quello che esse rivelano quando diventano visibili è un mondo altro, non più oggetti, non più persone ma onde, del mare ma anche del gregge, in movimento senza direzione, senza obbiettivo, un mondo al di là dell’umano dove non c’è spiegazione o parola che abbia senso pronunciare. E un mondo che converge verso quella luna che svela la pienezza, ma anche l’imperscrutabilità, del cosmo.
L’idea del film è di consegnare al personaggio di Lina e al mondo circostante lo stesso bagaglio di inquietudine, angoscia ma anche di riscoperta, che molti di noi hanno vissuto durante la pandemia e il lockdown. Lina esprime una nuova coscienza del mondo, misterioso e incontrollabile, dove la natura è sovrana e la tecnologia umana ha un potere limitato.
Per me era davvero fondamentale girare il film nel Sud Italia, non solo perchè è il luogo dove ho le mie radici, familiari ed emotive, ma soprattutto perchè credo che proprio qui, lontano dalle grandi metropoli e concentrazioni industriali, si potrà superare il trauma della pandemia costruendo un nuovo possibile modo di rapportarsi all’ambiente e una nuova geometria del sensibile.

Isabella Torre>