Note di regia di "Death of a Mountain"
«Death of a Mountain» nasce da una mia ricerca per un precedente film documentario in Val di Susa e il suo confine, che è diventato un punto di passaggio per rifugiati verso il nord dell’Europa. Ho seguito storie di gente del posto che è stata arrestata ed espulsa dal territorio per aver aiutato rifugiati ad attraversare in sicurezza la montagna. Ho incontrato parenti di gente morta provando ad attraversare il confine. La presenza dei militari e della polizia nella regione mi ha subito portato a pensare che fosse in atto una guerra che tutti si sono dimenticati di riconoscere. Questo brutale incontro con l’alta montagna diventata punto di passaggio mi ha segnato profondamente. Dopo aver chiesto a Giulio Pedretti di Superottimisti se avessero materiale cinematografico d’archivio sulla Val di Susa e aver trovato materiale del 1936 dello stesso luogo in cui avevo attraversato il confine con un gruppo di rifugiati nel 2018, è nata l’idea del film. Durante le ricerche a Torino, ho trovato una bellissima sequenza del Fondo Camurri, dove una madre e una figlia pattinano sul ghiaccio. Per tutta la sequenza non si riesce a distinguere il volto della madre, sottoesposto e sfocato. La madre appare come una figura senza volto, come un ricordo, una memoria quasi estinta. Per il resto della settimana, ho cercato materiale che avesse la stessa profondità di questi materiali, qualcosa di vicino ai miei ricordi più intimi: vaghi ma potenti, caldi ma indistinti. La domanda su come costruire una rappresentazione dei ricordi di un personaggio fittizio è stata un punto importante della mia ricerca. La forma del film è venuta naturalmente, mi sono sentito a mio agio nel portarlo oltre la realtà. Ho voluto che questo film desse dignità agli attori dell’attuale situazione della montagna, osando lavorare con i materiali d’archivio per formare e manipolare il tempo e la prospettiva oltre gli eventi reali. I testi sono tratti da storie e conversazioni raccolte dalla gente del posto, o semplicemente da momenti che ho vissuto in montagna. Ho deciso di girare materiale addizionale sul posto per meglio raccontare la situazione attuale. Sono stato particolarmente colpito da una conversazione con la regista Muriel Cravatte a Briançon, subito oltre il confine tra la Val di Susa e la Francia, che è diventata la motivazione per fare questo film: «Vengo qui da quando ero bambina e ho sempre avuto questa sensazione, che se la fine del mondo dovesse venire, non arriverebbe mai qui. Eppure, eccoci.»
Nuno Escudeiro