CINEMAMBIENTE 24 - Il 5 ottobre spazio a "The Spark"
E’ possibile un altro mondo che metta al centro la questione sociale e ambientale? Recupere il rapporto dell’uomo con il suo habitat planetario e utilizzarne le risorse in modo più sostenibile, è un’utopia o un’istanza di giustizia realizzabile? Sono questi gli interrogativi che suscita
The Spark, il film di Valeria Mazzucchi e Antoine Harari in concorso al 24° Festival CinemAmbiente in programma dal 1 al 6 ottobre.
Il documentario, che arriva per la prima volta in Italia dopo essere stato selezionato al festival internazionale Visions du Réel, segue per oltre tre anni gli abitanti della Zad di Notre-Dame-des-Landes, la “Zone à défendre” sorta sin dal 2008 nei pressi di Nantes per impedire la costruzione di un contestato aeroporto.
Su quel territorio, dove le prime manifestazioni e occupazioni risalgono già alla metà degli anni ’70, si è sviluppata una comunità umana in secessione dal capitalismo, che ha messo al centro del suo sviluppo le lotte ecologiche e la necessità di opporsi alla proprietà privata per riconquistare collettivamente il potere sulla gestione del territorio, diventando un luogo simbolo per tutti i movimenti socialisti ed ecologisti del mondo, come per esempio l’italiano “No Tav”.
Dalla festa per l’abbandono definitivo del progetto del grande aeroporto, annunciato dal Presidente Macron nel 2018, fino all’improvviso sgombero dell’area ordinato dallo stesso governo ad appena un anno di distanza dallo storico annuncio -ed eseguito con la più grande operazione di polizia dal 1968, con 2500 gendarmi, mezzi militari, gas lacrimogeni e l’allontanamento dei mezzi di comunicazione- il film è un racconto intenso e toccante scandito dalla voce della stessa Valeria Mazzucchi; tra sogni e speranze, disincanto e accettazione,The spark è la fotografia della vita quotidiana degli “zadisti”, di un modo di vivere alternativo, in cui mondo umano, animale e vegetale convivono senza contrapporsi.
Nel solco della tradizione del miglior cinema del reale francese, la regista e il giornalista Antoine Harari,mettono al centro del proprio sguardo la storia di una comunità attraverso le storie delle persone che la compongono, dando voce con grande sensibilità, a un universo troppo spesso schiacciato dalle narrazioni semplicistiche e parziali.
Per raccontare cosa succede alla ZAD di Notre-Dames-des-Landes abbiamo assunto uno sguardo vicino ed empatico con i suoi residenti. Evitando di entrare in un approccio meramente politico, abbiamo voluto conoscere le ragioni personali che hanno portato i nostri personaggi ad investirsi anima e corpo nel progetto della ZAD.
La necessità di voler raccontare la vita sulla ZAD è diventata ancora più forte quando siamo stati testimoni della violenza messo in atto dallo stato francese per espellere gli occupanti da queste terre. Un dispositivo militare che avrebbe potuto distruggere tutto in poche ore. Questa sproporzionata dimostrazione di forza ci ha reso chiaro che ciò contro cui si combatteva era molto di più di qualche insediamento illegale, ma quello che la ZAD di Notre Dames des Landes rappresentava: una breccia dentro il modello unico socio-economico proposto dalle nostre società. Spiegano Valeria Mazzucchi e Antoine Harari.
Ad oggi dopo tre anni dall’abbandono del progetto di aeroporto e nonostante la crisi del 2019, e i successivi tentativi di indebolire il progetto, la ZAD resta un luogo di resistenza abitato da una comunità autosufficiente formata più di 200 persone, su una superficie di 1.650 ettari. Esempio di una risposta coraggiosa e coerente ai disastri prodotti dalle stesse strutture e logiche economiche e politiche della società contemporanea contestate, tornati drammaticamente evidenti con la recente pandemia.
Spiegano i registi: "
La ZAD non è un’utopia. Durante i tre anni in cui, talvolta faticosamente, abbiamo sviluppato questo progetto, abbiamo assistito ad un cambiamento radicale. Le persone intorno a noi che nel 2018 consideravano gli abitanti della ZAD come un gruppo di emarginati con cui non avevano nulla in comune, si sono accorti gradualmente, alla luce della crisi sanitaria e climatica che stiamo vivendo, di condividere con loro gran parte delle speranze e preoccupazioni. Possiamo quindi chiederci se questo progetto, inizialmente considerato come qualcosa di difficile da realizzare, non sia diventato un vero e proprio tentativo di re-immaginare un possibile futuro. Questo nonostante tutte le contraddizioni, debolezze e fallimenti inerenti a progetti così ambiziosi. Forse allora, in mezzo a tutte queste scintille sparse per l’Europa, una di loro potrebbe diventare la piccola fiamma che ci guida verso un futuro più sostenibile".
01/10/2021, 08:45