Note di regia di "Upside Down"
Il titolo rivela, con u n gioco di parole, quale sia l’intento del protagonista: mettere “sottosopra” i pregiudizi della gente. Ispirato a una storia vera, il film ha nella fisicità la sua chiave di lettura; se il volto (e l’intero corpo) di Paolo sono inequivocabili nel rimando a ciò che prima era (senza tante cortesie) chiamato mongolismo, non di meno lo sono i suoi sforzi di riscatto: la fatica, il sudore, il volto in apnea, i pugni in faccia sono il tentativo di annullare la bassa statura, il collo corto, il cranio deforme, la lingua sporgente. Se gli occhi a mandorla hanno una precisa collocazione nell’immaginario collettivo, lo stesso dicasi del pugilato e dello spirito di rivalsa in esso racchiuso. Dall’incipit vediamo subito gli sforzi di Paolo: la sveglia, l’autonomia negl i spostamenti in bici, l’acquisto con i soldi propri del pesce prima di andare al lavoro; una commissione questa , concordata con il padre, il quale a riguardo appare poco convinto e quasi pedante quando gli si rivolge con lo scontrino in mano. Al lavoro Pa olo collabora in maniera effettiva e finanche propositiva, anche se la sua iniziativa lo conduce davanti a gli atavici pregiudizi del fruttivendolo, che il ragazzo ribalta. In settimana bianca scia, capovolgendo la dialettica maestro/allievo con la madre, u n architetto che lavorava in proprio come interior designer, attività che ha lasciato per dedicarsi a Paolo. Non rimpiange tale scelta né il nuovo lavoro meno appagante; è una persona solare, che ha metabolizzato la disabilità del figlio, e riesce anche ad affrontarla con sana ironia. Va molto meno bene con il padre: questi più che scontroso è sofferente; più che non aver accettato il proprio figlio è insicuro su come compor tarsi con lui; osserva un uomo D own non per voyeurismo ma perché non riesce a immagi nare come sarà l’età adulta di Paolo. Di notte ha degli incubi, che non confida alla moglie; assalito da una preoccupazione ingombrante, al limite del compiacimento, sbaglia sempre: è fuori misura sulla pista per lo slittino, è apatico nel guardare Paolo ballare con i bambini, fuori dall’ascensore fa la domanda giusta alla persona sbagliata. Va meglio con Armando, solitario maestro di pugilato. Il passato doloroso non gli ha tolto l’ironia e la voglia di scherzare. Il suo primo incontro con Paolo ha in emb rione quello che sarà il loro rapporto nel prosieguo: Armando non aiuta Paolo a chiudere la lampo , ma lo sprona a provarci. L’uomo ha sempre chiari i limiti obiettivi di Paolo, e non proverà mai a trascenderli, ma per il resto lo tratterà con la stessa dis ciplina (e ironia) che usa con gli altri agonisti. Il ragazzo non si intimorisce di fronte alle difficoltà che incontra in palestra, la sua strada l’ha scelta: vai, Paolo, botte da orbi!
Le riprese sono state effettuate in buona parte con un moderno stabilizzatore elettronico, di dimensio ni più contenute e più pratico rispetto agli stabilizzatori meccanici come la Steadycam, e che permette fluidi movimenti aggiuntivi come il passaggio da low mode a high mode. Senza andare oltre negli aspetti tecnici e d economici qui giova ricordare che nel compensare i movimenti bruschi dell’operatore (invece di assorbirli come nella Steadycam) le riprese risultano, se si concede l’ossimoro,"pulite ma sporche": hanno la fluidità della steady o del carrello (ma non i li miti) però non ne hanno la plastica geometria del movimento, che richiamerebbe l'attenzione più sulla forma estetizzante che sul contenuto delle immagini. Inoltre l’utilizzo di una camera con un a risoluzione 8K DCI, ovvero 4 volte la risoluzione del 4K DCI , consente un margine di errore recuperabile in post - produzione; il master inoltre è scope , quindi il mascherino consente ulteriori aggiustamenti. Tutto questo ha consentito anche una concentrazione maggiore sul lavoro con gli attori piuttosto che sui movi menti di camera.
Luca Tornatore