Note di regia de "Il Cacciatore - Terza Stagione"
La terza stagione de Il Cacciatore rappresenta un cambio di passo rispetto alle stagioni precedenti, virando progressivamente il fuoco della regia dalla condizione di guerra permanente del protagonista al racconto di un universo più intimo e stratificato. Una scelta resa necessaria dall’emergere di un nuovo tipo di mafia, diversa da quella che Saverio Barone è stato abituato a combattere fino ad ora: è una mafia silenziosa, sommersa, una mafia che non fa stragi e che ha saputo insediarsi ed emergere anche in seno allo Stato. Un nemico che mette in crisi le certezze di Barone e lo fa interrogare sul senso della sua missione: a che scopo servire lo Stato, quando di quello Stato non sai nemmeno quanto puoi fidarti? Ha davvero senso sacrificare ogni affetto, ogni parvenza di vita normale? È ancora possibile una vittoria? Nella prima parte della terza stagione Barone deve fronteggiare la minaccia di morte da parte del boss corleonese Vito Vitale. Una minaccia che lo confina in un bunker sotterraneo, grigio e spoglio, mentre Vitale, per antitesi, si muove libero nello spazio illimitato delle campagne corleonesi. Con l’emergere sempre più preponderante della nuova mafia (incarnata dagli antagonisti Pietro Aglieri e Bernardo Provenzano) il tipo di reclusione di Barone cambia gradualmente forma: questa mafia non si combatte più con azioni energiche e dirompenti, ma con l’attesa, la pazienza, la sottile arte di non farsi notare. La mafia della sommersione si combatte scomparendo a propria volta. Ecco che il soldato si evolve in monaco: un uomo che si predispone all’attesa e soltanto attraverso la privazione delle passioni e degli affetti può riuscire nel proprio intento. I muri cementati del bunker e le brande di ferro, cedono progressivamente il passo a colori più tenui, essenziali, quasi zen, le linee si fanno più morbide. Ma sono pur sempre linee che racchiudono la sua esistenza, prospettive che lo ingabbiano, cornici di porte e finestre, vetri di auto, perché anche quella del monaco, come quella del soldato al fronte, è una reclusione. Il percorso di evoluzione di Barone, il tentativo di riappropriarsi del suo universo affettivo, non potrà che realizzarsi attraverso la rottura di queste geometrie per trovare così, infine, un orizzonte visivo nuovo, libero da vincoli, pieno di quella luce e quei colori a cui ha sempre rinunciato per poter essere il Cacciatore.
Davide Marengo e Fabio Paladini