Note di produzione di "Marta - Il delitto della Sapienza"
La storia di Marta Russo che fin qui è stata raccontata è quella di una studentessa come tante altre, uccisa per caso il 9 maggio 1997 in un vialetto dell’Università la Sapienza, ma c’è un’altra storia, che nessuno ha mai raccontato. Quel che viene prima e dopo quel maledetto sparo, vista con gli occhi di chi era lì, raccontata dalla voce di chi le voleva bene. Se per anni i media hanno inseguito titoli ad effetto e scoop, il nostro documentario restituisce identità e dignità ad una ragazza il cui ricordo fino qui è stato relegato ad una fototessera e a un fatto di cronaca. L’approccio narrativo è totalmente nuovo ed inedito nel panorama televisivo del racconto true crime, sospeso tra uno storytelling fortemente emozionale (dato dallo psycological drama intimo e biografico) e il ritmo e la suspense del racconto crime/procedural. Lo storytelling, ovvero la linea emozionale, dà spazio a Marta come persona, attraverso le parole del suo diario e raccogliendo le interviste dei famigliari, le sue foto da bambina, i suoi oggetti personali, i filmati, le parole e i ricordi degli amici e restituendo il calore della sua vita interrotta. Parallelamente l’inchiesta, la linea true crime, riesamina il caso processuale e mediatico, attraverso nuove interviste ai protagonisti della vicenda, immagini e video di repertorio del processo, delle intercettazioni e deposizioni, dei telegiornali e delle trasmissioni, gli articoli di giornale, la documentazione delle indagini. I due livelli narrativi si mescolano in modo armonico, alternando continuamente l’estrema emotività del racconto della vita di Marta, alla lucida analisi dei fatti processuali che hanno avuto seguito da quel 9 maggio ‘97. La famiglia di Marta, mamma Aureliana, papà Donato e la sorella Tiziana sono il motore emotivo del documentario. Cosa facevano quando hanno appreso la notizia, quali le prime reazioni, i cinque giorni di limbo accanto a Marta, chi era con loro. E allo stesso tempo le reazioni al clamore che si genera intorno alla vicenda, unito all’affetto di studenti e genitori che, immedesimandosi nell’assurda tragedia che li ha colpiti, si stringono intorno a loro. Ne emerge un racconto vero e profondo, in cui riviviamo accanto alla famiglia quei momenti, le speranze disattese, la ricerca della verità, il cieco dolore, quel “tunnel in cui non si vede uno spiraglio” che Donato descrive con il nodo in gola. Tiziana usa immagini vividissime per descrivere la vita dopo Marta: la tavola apparecchiata ancora per quattro, la madre che le chiama con “venite a cena”, ma l’unica a sedersi a mangiare è Tiziana. E le parole dell’amica Francesca Vellucci, colei che era con Marta pochi minuti prima della tragedia e che il giorno del funerale di Marta legge una straziante lettera d’addio. Entrare all’Università dopo quel 9 maggio non è più stata la stessa cosa. Anche le interviste a PM, inquirenti, testimoni e avvocati coinvolti nella vicenda seguono il “racconto della memoria”, non una fredda descrizione degli eventi investigativi e processuali, ma un flusso di pensiero personale che li riporta indietro nel tempo, a quei mesi anche per loro indimenticabili e cruciali. In un certo qual senso, la vita di tutti loro è stata profondamente segnata da quel delitto e quel processo. Perché la storia di Marta è, suo malgrado, indimenticabile. Per chi l’ha vissuta, ma anche per chi in quei giorni si è sentito coinvolto in una vicenda assurda e senza senso, che ha tolto la vita ad una ragazza che in questo documentario proviamo a ricordare come la sua famiglia ha sempre desiderato venisse ricordata.