Note di regia di "Strehler, com'e' la Notte?"
Per raccontare Giorgio Strehler 100 minuti sono pochi. Ma al tempo stesso sono molti, perché talmente densi di riferimenti, poesia, nozioni e stagioni, istanze di dibattito e contraddizioni, da risultare quasi irricevibili. Dare ordine e sesto all’immenso archivio strehleriano è stata quindi la pre - condizione essenziale per poter organizzare la scrittura di un film documentario forse impossibile senza la scoperta di un’alchimia c he al termine di un anno di lavoro ha lascia to sul vetrin o un precipitato purissimo . Il merito è, tautologicamente, di Giorgio Strehler. Poi certo hanno giocato un ruolo essenziale la visione di chi ha coraggiosamente protetto e sostenuto il film ogni giorno: e cioè la Direzione di Rai Documentari e quella del Piccolo Teatro , affinché il progetto potesse svilupparsi , passando da nebulosa a laboratorio , infine a film compiuto. Lo è, un film compiuto? Non lo sappiamo; forse non ha nemmeno importanza. Credo restituisca l ’atmosfera di una certa Milano, di un quel m ezzo miglio straordinario che divide vi a Rovello dal Teatro alla Scala. Una sorta di quinta teatrale a cielo aperto , dove il mondo di Strehler aveva il suo magico ridotto, un quartiere a lungo inviolabile, fucina di bellezza, ma anche epicentro verdiano de l’ora bruna che colpiva incessante sia l’intimo dell’artista fragilissimo, sia l’uomo pubblico negli anni dolorosi del commiato dalla Città . Eppure la notte di Strehler ci appare , oggi , indelebilmente chiara. La rende tale la sua capacità di aver creato una famiglia teatrale e di averla tenuta unita nel corso di mezzo secolo, come massima espressione del teatro colto e del teatro pubblico, dove i due termini si sono armonizzati e brechtianamente quasi confusi l ’uno nell’altro. Ecco perché abbiamo deciso per un film corale, polifonico, non celebrativo ma epico, nel senso che fosse in grado di trasferire al pubblico la responsabilità di farsi la domanda se, alla fine, come si chiedeva spesso Josif Brodskij, ne sia valsa la pena guardarlo. A ciascuno la sua risposta.
Alessandro Turci