In una locanda, al termine del pranzo, degli anziani cacciatori si intrattengono tra un canto popolare ed un bicchiere di vino. Poi, ad un tratto, uno di loro inizia a raccontare la storia di Luciano, e dalla realtà dei giorni nostri si finisce in un immaginario ottocentesco, fatto di amori, di rabbia e di morte.
Dopo aver lavorato insieme nel documentario, Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis fanno il loro esordio nel lungometraggio con "
Re Granchio", che dopo aver sorpreso alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, arriva fuori concorso al Torino Film Festival.
Giocando con lo spazio e con il tempo, con il reale e la finzione, i due autori mettono in scena un romanzo d'avventura con protagonista un giovane alcolizzato di un paesino della Tuscia che, dopo aver perso il lume della ragione e aver commesso un reato, viene spedito ai confini del mondo, nella Terra del Fuoco.
In bilico tra il cinema di Malick e quello di Herzog, con un'influenza di maestri come Olmi e i Taviani, "Re Granchio" mette insieme due storie solo apparentemente lontane tra loro, ma unite dalla ricerca di un tesoro. Se nella prima, quello prima trovato e poi perso da Luciano è un tesoro del cuore, l'amore contraccambiato della donna amata, nel secondo quello ricercato è invece il più sporco e terreno di tutti, una colata d'oro per cui si può arrivare a tutto, anche a tradire ed uccidere.
In un film che presenta i colori e la messa in quadro degna della migliore arte pittorica dell'800, non meraviglia affatto che a dare corpo e voce a Luciano sia un pittore e scultore, Gabriele Silli, che da vita ad una straordinaria performance attoriale sporca di vino, sangue, terra e polvere da sparo.
Rigo de Righi e Zoppis realizzano un film non convenzionale, che invita lo spettatore ad abbandonarsi ad un viaggio che mette alla prova le certezze della visione e affascina profondamente.
28/11/2021, 22:19
Antonio Capellupo