PERDUTAMENTE - La cura dell’amore
Siamo abituati a vedere il regista e attore livornese
Paolo Ruffini nei panni del comico, in film leggeri e spesso demenziali, lontano dal cinema di impegno. Da qualche anno, però, ha mostrato al pubblico un altro volto, quello attento al cinema sociale cominciato con “Resilienza” e continuato con altri progetti tra i quali “UP&Down”, un happening comico con attori con sindrome di Down, da cui è poi nato l’omonimo documentario cinematografico.
In "
PerdutaMente", diretto insieme a
Ivana Di Biase, affronta il tema delicato e doloroso dell’Alzheimer, una malattia neurodegenerativa crudele che colpisce il sistema nervoso centrale, che porta al decadimento fisico e cognitivo, cancella i ricordi, e rende sconosciute le persone amate. Sono proprio loro i protagonisti di questo documentario, parenti, amici, mogli, mariti, figli che si prendono cura dei loro cari colpiti da questa malattia, “le seconde vittime”, costrette a vederli “allontanarsi” poco per volta, un giorno dopo l’altro, in uno strazio senza fine.
Paolo Ruffini ha intrapreso un lungo viaggio per l’Italia per incontrarli, per raccogliere la loro esperienza, il loro dolore, le loro sensazioni, e per scoprire di cosa è fatta la vita di queste persone. “La morte in vita” la definisce Franco marito di Teresa alla quale diagnosticarono l’Alzheimer a soli 30 anni e che si era messo in testa di guarirla, ma guarire non si può, esiste solo una cura: l’amore. Quello di chi accudisce e quello di chi non ricorda ma continua a sentire un legame affettivo verso chi non riconosce, sentendosi “alimentato” da quell’amore. È stato infatti dimostrato che nei malati soli, costretti a essere ospedalizzati, il declino è più rapido.
Un viaggio che Ruffini riempie dei ricordi e della storia di chi la propria storia non la ricorda più, arricchendola di momenti teneri e leggeri, come è nella sua indole, che mettono in pausa per poco l’angoscia che vivono i parenti, esempi di grande forza, di dedizione, di dignità. Tra i tanti aspetti trattati c’è anche quello che fa più paura ma che spinge a una seria riflessione, quello dell’eutanasia, tema che solleva Enrica, affetta da Alzheimer precoce, che a 59 anni è consapevole di quello che le succederà e di quello che vuole quando “non sarà più sé stessa”, perché non avrà più senso vivere. Un aspetto che meritava un approfondimento maggiore ma che forse è ancora difficile affrontare con lucidità in Italia.
Ruffini risulta molto coinvolto mostrando una grande sensibilità e passione per questo suo nuovo progetto che nonostante alcuni momenti troppo emotivi che avrebbero forse meritato di rimanere privati si rivela un importante documento su un tema ancora poco affrontato e che merita più attenzione, per mostrare quanto una simile malattia non distrugga però l’amore più profondo, che va oltre ogni tipo di difficoltà, capace di tenere in vita.
08/02/2022, 11:33
Caterina Sabato